I centri estivi per ragazzi ci vogliono perché ci hanno sequestrato la strada. Il problema è che ci hanno sequestrato la strada gratis per darci i centri estivi a pagamento. Premesso che sarei per la restituzione della strada che ai bei tempi, quando si stava peggio ma si viveva meglio, nelle periferie era dei ragazzi da giugno a settembre, se proprio questa utopia non è rinnovabile mi piacerebbe che fosse presa in considerazione l’idea che i centri estivi di attività motoria per ragazzi sono diventati la soluzione di tamponamento a questa grossa falla aperta dall’evoluzione della nostra società, sono un’ esigenza di praticamente tutte le famiglie italiane e sarebbe il caso di pensare ad una loro ristrutturazione con un minimo di intervento pubblico e almeno la previsione di prezzi calmierati visto che non sono destinati solo alle famiglie ricche ma a tutte le famiglie. Altrimenti si apre una questione di chi resta tagliato fuori perché non ha i soldi per pagare i centri estivi (si parla come se nulla fosse anche di 100 euro a settimana, se uno ha due figli ti vanno via 800 euro al mese…) e non sa dove far giocare i figli.
Io sono per la strada perché era più “completa” ed è per questo che in modo un po’ rivoluzionario sarei per la restituzione della strada ai bambini ma questa è un’ utopia perché il modello milanese ha attecchito in tutta Italia. Nelle periferie di Milano non si giocava più per strada già cinquant’anni fa quando in praticamente tutte le altre città italiane i ragazzini durante le vacanze scolastiche estive si trovavano sotto casa per giocare con i loro amici. E chi non aveva la strada giusta proprio sotto casa doveva camminare solo per pochi isolati per andare a trovare gli amici che abitavano sulla strada giusta dove si poteva tranquillamente giocare. Nessun genitore che ti accompagnava da nessuna parte, nessun adulto che controllava ed organizzava il gioco che era in forma assolutamente libera e spontanea. A volte anche le parrocchie partecipavano a questo festival del gioco improvvisato e non era difficile trovare anche degli spazi in parrocchia per giocare dove il prete, essenzialmente, si limitava e controllare che non venissero spaccate vetrate e fatti danni alle strutture.
E’ inutile negare che quel tipo di gioco in forma anarchica aveva una marcia in più sulle pur splendide cose organizzate dai centri estivi odierni. Era la base per il vero sport, era la miglior base possibile per ogni sport. Non solo, anche da un punto di vista sociale i ragazzini maturavano prima perché c’era mescolanza fra agiati e meno agiati e se c’era qualche problema di inserimento era agli occhi di tutti e riusciva a diventare occasione di maturazione per tutti i ragazzini. Adesso l’ambiente è selezionato perché quelli che non se lo possono permettere sono tagliati fuori, non che non ci siano ragazzini problematici, anzi a volte i ragazzini più problematici sono proprio i più viziati provenienti dalle famiglie benestanti però questo ambiente nel quale vengono organizzati i giochi sportivi è comunque un ambiente protetto con la sorveglianza continua degli adulti e dunque ha tutti i vantaggi e gli svantaggi di un ambiente controllato. Lo svantaggio principale è che i ragazzini ormai non sanno più giocare da soli, se sono da soli si rifugiano in telefonini, tablet e computer (uniche cose che riescono purtroppo ad affrontare anche da soli) e maturano anche più tardi nel senso che anche se la crescita fisica è stimolata da ormoni provenienti da tutti i cibi, la crescita psicologica è frenata da cause sociali a forte impatto che favoriscono l’atteggiamento di “bambinone cresciuto”. Così ci troviamo con ragazzini con il fisico quasi da adulti ed una testa che è poco più che da scuola elementare soprattutto nella capacità di distinguere fra ciò che è sano e ciò che è poco sano.
In tale ottica i nuovi “controlli” ai quali dobbiamo pensare sono quelli relativi al mare di informazioni idiote a cui hanno accesso i ragazzini e se la parola “controllo” ha decisamente connotati insopportabili per ogni ragazzino che sta giustamente crescendo in tutti i sensi, diciamo che siamo almeno costretti a confrontarci con le idiozie dalle quali sono costantemente bersagliati tutti i giorni i nostri figli (e noi no?!?).
Le utopie sono belle da immaginare ma poco utili da rincorrere nel momento in cui si rivelano irraggiungibili e dunque se è impossibile pensare ancora alla strada come possibile luogo di educazione (triste ipotizzare che in strada ci possano restare solo i ragazzi disagiati quelli che.. “stai attento a chi frequenti”) siamo costretti a pensare ai centri estivi per l’attività sportiva come ad un qualcosa di quasi obbligatorio in tantissime realtà della maggior parte delle città italiane (e dunque non più solo Milano come negli anni ’60 ma decine e decine di città anche piccole ma più che sufficientemente “milanesizzate” e con periferie impossibili da vivere per il continuo intenso traffico automobilistico che occupa anche l’ultimo centimetro di strada e… pure i marciapiedi).
Occorrerebbe un intervento pubblico per questi centri, per fare in modo che tutti i ragazzini possano parteciparvi, calmierando i prezzi, al limite prevedendo delle agevolazioni per le famiglie disagiate e quelle sotto ad un certo reddito. Poi, laddove possibile, il grande intervento sarebbe quello di poter offrire aree dove i ragazzini possano essere liberi di giocare come un tempo senza controllo, perché, anche se non ve ne siete mai resi conto, il miglior tecnico della nazionale di calcio era il prete che intimava ai ragazzi di non rompere le vetrate della parrocchia, dopo di quello il vero C.T. della nazionale andava ad amalgamare un gruppo di ragazzi che proveniva da una base eccezionale. Adesso il C.T. della nazionale può anche essere il migliore del mondo ma se non si parte dal lavoro del prete che si limitava a dire “Non fate danni!” è molto difficile fare i miracoli. Le parrocchie e le strade facevano i miracoli, i centri estivi stanno facendo qualcosa di assolutamente necessario anche se forse “non miracoloso”.