FLESSIBILITA’ E STABILITA’ NELLA PRATICA SPORTIVA

Per “flessibilità” e “stabilità” non intendo in queste righe accennare a doti fisiche necessarie per la pratica sportiva quanto all’attitudine e alla propensione a cambiare molto spesso lo sport praticato oppure a continuare a praticare sempre quello per tutta la vita. Fuggendo da ogni presa di posizione in merito mi limiterei a dire che, come per le doti fisiche, anche da un punto di vista psicologico è importante essere sia flessibili che stabili nell’atteggiamento verso lo sport ma siccome un mio stramaledetto punto di vista piuttosto particolare ce l’ho pure su quest’argomento tento di illustrarvelo brevemente.

Ritengo che la “flessibilità” sia l’atteggiamento essenziale, necessario ed imprescindibile dell’attività motoria dei bambini almeno fino ai 10 anni, anche se in certi casi sarei tentato di dire fino ai 13 anni. L’attività motoria dei bambini non oserei nemmeno chiamarla sport ma molto più semplicemente gioco. Così, a mio parere, il bambino “gioca” a fare il calciatore, “gioca” a fare il pallavolista, “gioca” a fare il centometrista, “gioca” a fare il nuotatore e così via. Non dico che è un nuotatore o un pallavolista fin tanto che non ha un minimo di maturità e pure di struttura fisica per aver scelto il suo sport e poi quando l’ha scelto formulo un augurio che può lasciare spiazzato chi ha appena letto questo spensierato inno al “gioco”: auguro che quello sport resti quello vero, quello importante per lui per tutta la vita, fin che campa perché lo sport, oltre che un gioco è anche una cosa seria e cambiarlo non è per nulla un gioco.

C’è chi a tredici anni decide di fare il geometra, chi il ragioniere e chi l’idraulico. Quel giorno a 40 o 50 anni che scopre che deve cambiare mestiere non è certamente un bel giorno per lui e qualcuno non trova nemmeno la forza di reinventarsi in un altro mestiere. Questo tipo di “flessibilità” esasperata è purtroppo una dote richiesta anche ai cinquantenni al giorno d’oggi per la particolare strutturazione sociale del lavoro che abbiamo, ma non è certamente una delle conquiste del nostro tempo. Si dirà che lo sport non è il lavoro e cambiare sport non è come cambiare lavoro. E’ vero, ma un paese che ti da la possibilità di praticare fin che campi o quasi il tuo sport preferito è un paese certamente evoluto così come un paese che ti consente di fare la tua professione fino all’età pensionabile senza doverti reinventare ad ogni lustro. La corsa, l’abbiamo già visto, si può praticare nelle discipline di resistenza anche fino agli 80 anni e in quelle di velocità pure dopo i 100 anni (anche se c’è qualcuno che crede che la velocità vada abbandonata prima perché è pericolosa muscolarmente, è pericolosa solo se praticata in modo scorretto ed irrazionale). Il calcio e la pallavolo, se si trovano squadre veramente amatoriali (e non “fintamente” amatoriali dove giocano ancora schiacciatori che tirano giù di quei missili da far paura…) si possono praticare ancora molto in là con l’età. Il tennis idem e così pure lo sci, sia di fondo che di discesa. Insomma sono molti gli sport che si possono praticare per tutta la vita, il problema più che fisico è di tipo organizzativo individuale e di strutture sportive a livello sociale.

Io sostengo che la stabilità avanti con gli anni sia più importante della flessibilità nella pratica sportiva perché è proprio grazie a quella che un soggetto riesce a praticare attività sportiva anche in età molto avanzata. Uno non si inventa idraulico a 70 anni anche se a quell’età può prendere il gusto per i lavoretti comuni di casa, così come uno non si inventa sciatore  alla stessa età per quanto possa pure provare a fare una tranquilla discesa anche a quell’età pur non avendola mai fatta prima. E così se è bello, avendone le disponibilità economiche, migrare da uno sport all’altro anche in terza età come i bambini, è anche importante avere un proprio sport di riferimento dove si sono acquisite delle abilità secolari indiscusse e che è quello sport che uno riesce a fare subito appena sceso dal letto dopo una malattia e che è addirittura quello sport che ti fa scendere dal letto prima del tempo perché senti la necessità assoluta di doverlo praticare. E’ giusto essere assuefatti ad un certo sport e sentirne l’esigenza e questa cosa è più importante della possibilità di avvicinarsi a sport diversi a tutte le età. Porto uno dei miei paragoni assurdi sperando di non andare sul dissacrante ma l’uomo sposato che guarda anche altre donne oltre alla moglie non può essere condannato per quello, il vero problema è se non considera più la moglie. Così nello sport, un signore maturo che nonostante la sua età non ha ancora uno sport di riferimento, quello sport che per certi versi ha sposato, non è uno sportivo poliedrico bensì uno che ha perso, probabilmente per sempre, la possibilità di conoscere veramente a fondo un determinato sport…

Come in un tutti i campi c’è una “generalità” che è inversamente proporzionale alla “specificità” e pertanto se fra la pratica di tanti sport diversi non si è scelto uno sport in particolare sul quale specializzarsi vuol dire che in senso “completo” ed approfondito non ci si è mai dedicati ad uno sport in particolare.

Esiste un modo bambino di fare lo sport che è bello, giocoso e che fa anche bene alla salute, soprattutto ai bambini che hanno bisogno essenzialmente di sviluppare l’alfabeto motorio e partecipare dunque a giuochi più vari possibile ed esiste un modo adulto di fare lo sport che non è necessariamente il professionismo (anzi quello non è proprio sport, è un lavoro e basta) e consiste nel praticare una particolare disciplina sportiva con un certo impegno riuscendo a sviscerare anche aspetti abbastanza complessi di quello sport sviluppando una conoscenza cosiddetta “profonda” di tutte le problematiche inerenti quella particolare disciplina.  In questo processo di affinamento tecnico che, per forza di cose, non può avvenire in più sport contemporaneamente si verificano le situazioni che anche a livello emotivo  scatenano tutte una serie di problematiche che negli sport affrontati in modo superficiale non possono emergere. Dai tredici anni in poi, oltre che salutare e divertente, lo sport deve essere anche emotivamente coinvolgente in senso profondo perché solo così si possono superare le insidie di un sistema sociale che ti offre mille occasioni per lasciar perdere lo sport praticato con vero impegno (una per tutte la scuola soffocante affrontata come una professione già a 15-16 anni).

Da ultima, ma non per importanza, una frecciatina a quella mercificazione dell’attività motoria che io apprezzo sempre nelle sue mille sfaccettature. E’chiaro che da bambini è bello e lecito continuare a cambiare sport. Da adulti questo capriccio non è che faccia bene alla salute come si inventa qualcuno perché di fatto produce solo sportivi finti di mille sport diversi e quindi “non sportivi”. Questo peregrinare schizofenico da uno sport all’altro in età adulta fa bene solo al mercato che nella vendita di attrezzature destinate ad essere usate solo fino al successivo impulso entusiasmante ottiene grossi benefici. Ma è molto meglio praticare sport per mantenere in salute noi stessi che non il mercato e pertanto, chiudendo ancora con i paragoni impossibili, praticare continuamente sport diversi è il miglior modo per non conoscerne davvero nessuno così come avere rapporti brevi e occasionali con donne diverse è il miglior modo per non conoscerne a fondo davvero nessuna. I veri playboy dicono che quello è l’unico sistema per non correre rischi ma con lo sport il rischio lo correte solo se non vi innamorate di nessuno sport…