DIVERTIRSI SPENDENDO POCO

In tempi di crisi economica c’è bisogno di tirarsi su il morale. Non è certamente andando in depressione che aumentano le possibilità di trovare soluzioni efficaci per sopravvivere. Uno dei disastri della disoccupazione è che oltre che a toglierti i mezzi per condurre una vita dignitosa provoca direttamente una spinta alla depressione assolutamente non trascurabile. Sono più che quelli che cascano rapidamente in depressione di quelli che vanno effettivamente a vivere sotto i ponti. Ne nasce la necessità di combattere la depressione per poter aumentare le proprie possibilità di inserimento nel nuovo mondo del lavoro. Ma la necessità di combattere la depressione esiste anche per chi lavora ma non trova più motivi di soddisfazione nella propria professione che vive comunque il periodo di recessione e di profonda crisi. Da ultimo anche chi continua a sopravvivere dignitosamente comincia ad avere incubi vedendo i problemi che dilagano nella maggior parte delle professioni. Insomma in tempi di recessione non si possono tirare fuori i soldi che non ci sono per far invertire la rotta alla recessione e bisogna inventarsi qualcosa per riuscire a divertirsi anche senza avere tanti soldi da spendere.

L’attività motoria sembra inventata apposta per questo. Poi si sono inventati anche l’attività motoria che costa tanto ma quella è un’aberrazione del mercato che può esistere solo in tempi di vacche grasse e serve per prendere in giro chi ha troppi soldi da spendere. Dobbiamo riscoprire l’attività motoria che costa poco, che è stata inventata prima. Il grande Nino Manfredi recitava che bastano un paio di scarpe nuove per girare il mondo. Ed era uno splendido inno all’attività motoria. Non diceva che basta un’ auto nuova per poter girare il mondo. Parlava di scarpe. In tema di scarpe il sottoscritto ne ha una che, con tutto il rispetto per Manfredi, è ancora più minimalista della sua famosa frase: “Basta un paio di scarpe nuove per girare il mondo, ma portati via pure quelle vecchie perché se hai i piedi molto delicati potresti trovarti meglio”.

In tema di invenzioni del mercato si narra che un fortissimo maratoneta italiano calzasse le scarpe nuove in gara. Io non ci credo, penso che fosse solo un’ uscita del suo sponsor per fare un’ottima pubblicità al prodotto e se anche così fosse affermo che, in tal caso, vuol dire che questo maratoneta aveva dei piedi veramente robusti. In genere la scarpa vecchia è sempre più comoda di quella nuova ed un’altra bufala è quella che la scarpa “scarica” può creare seri inconvenienti all’apparato locomotore. Vero è che le scarpe di adesso durano meno di quelle di una volta, sono studiate per durare di meno altrimenti non vendono abbastanza, ma quella della scarpa “scarica” è una bufala insostenibile. La scarpa muta nel tempo, non c’è dubbio, diventa sempre più “secca” e quindi teoricamente sempre più veloce. Ad un certo punto, quando ti offre il massimo delle prestazioni si distrugge perché altrimenti i produttori andrebbero in fallimento. Il vero momento traumatico è il cambio della scarpa, ogni volta che bisogna riadattarsi velocemente a quella nuova, non il momento, per fortuna non improvviso, del suo declino. Una scarpa non cambia caratteristiche da un giorno all’altro ed al processo di invecchiamento seguono degli adattamenti perfetti del piede a quelle variazioni. Quando il piede non sta più bene in quella scarpa vuol dire che è davvero distrutta, altro che “scarica”.

Il concetto va esteso a tutto il mondo dell’attività motoria e così non si deve credere, come vogliono farci credere, che bisogna spendere tanto per divertirsi con il movimento. L’abitudine di continuare a peregrinare da uno sport all’altro può pure essere interessante dal punto di vista della costruzione dell’alfabeto motorio e pertanto è utile soprattutto per i bambini, ma per gli adulti non ha molto senso. Ognuno ha propensione verso alcune attività sportive, è geneticamente portato per quelle e fa bene ad innamorarsi di quel tipo di attività. Chi continua a cambiare sport anche a 50 anni fa finta di divertirsi ma vuol dire che in realtà non si è mai innamorato di nessuno sport. I tifosi del calcio dicono che la squadra del cuore è per sempre. Se non porta ad assurdi fanatismi dico che il concetto ci può anche stare. Parlando di sport praticato più che di sport “visto” io estendo il concetto: una volta scelto il proprio sport è per sempre, a meno che non ci siano degli evidenti limiti oggettivi alla prosecuzione di quello sport. Alcuni sport di squadra, in effetti, richiedono un livello minimo di rendimento che, se non viene ottenuto, impedisce di poter prendere parte al gioco, ma la maggior parte degli sport individuali, correggendo gli obiettivi, possono essere praticati per tutta la vita.

Altra bufala da smontare è che il divertimento sia sempre correlato al livello prestativo: chi vince di più si diverte di più. Ciò non è assolutamente vero, a volte vincere, invece, è piuttosto noioso. Le vittorie più belle sono proprio quelle di chi non ha mai vinto niente e, se vogliamo andare sul sublime e poetico, quando anche la competizione diventa impossibile l’attività motoria fine a se stessa può raggiungere vertici che nemmeno un sano agonismo può farci assaporare.

Il movimento, oltre che farci ritrovare la salute, può aiutarci anche a trovare il buon umore, può essere motivo per cementare le amicizie e per scoprirne di nuove. Il vissuto emotivo del movimento non si può comprare con nessuna moneta ed il mercato ci può speculare su finché vuole che non riuscirà mai a condizionarlo nella sua essenza. Recessione o no siamo sempre liberi di muoverci, più libero del movimento forse c’è solo il pensiero che è libero di svolazzare anche nelle peggiori dittature. Non siamo in una dittatura e abbiamo massima libertà di espressione fisica anche se siamo tormentati dagli spot pubblicitari. Ignoriamo gli spot ed approfittiamo della libertà di movimento: non sarà certamente questa nostra scelta rivoluzionaria a contribuire a peggiorare la recessione.