Mi arriva un commento all’articolo “Cose difficili da capire” che non posso riportare per esteso perché dopo mi dicono che le critiche le sintetizzo e le stravolgo mentre gli elogi li riporto integralmente. Vi è sufficiente sapere che questo la pensa proprio come me e in tema di nefandezze di antidoping e certo giornalismo sportivo fa pure nomi e cognomi ed io che, per la delicatezza dei temi trattati, ho pure la censura facile non riporto. Resta il fatto che questo è una mosca bianca a pensarla come me (praticamente siamo già “due” mosche bianche, una pluralità, quasi una razza…) e lo ammette candidamente raccontando che quando tuona indignato sui fatti e misfatti dell’antidoping tutti fanno facce strane come se stesse vedendo una realtà tutta sua.
Il ragazzo proviene dall’atletica e ciò non mi sorprende perché l’atletica ha il grande pregio di mescolare le gesta dei pirla con quelle dei grandi eroi.
Accade che i pirla sanno cosa fanno i grandi eroi per restare grandi eroi e quando un grande eroe un po’ pirla viene pescato positivo quelli dell’atletica sanno benissimo che “lui” non è il marcio dello sport. Tutto sommato, rispetto agli altri sport, forse nell’atletica non ci si dopa più nemmeno tanto. Diciamo che forse, pur aumentando anche nell’atletica l’uso della farmacologia, è aumentato proporzionalmente meno rispetto ad altri sport. La diffusione del doping e di tutte le pratiche farmacologiche, lecite e meno lecite è direttamente proporzionale al giro d’affari mosso dallo sport di alto livello in quel preciso settore. Faccio un esempio: se la pesca sportiva ha milioni di adepti ma ad alto livello non rende il doping nell’alto livello di quella disciplina non sarà diffuso. Al contrario se nel “lancio della biglia dal grattacielo” (faccio per dire…) non vi sono molti praticanti ma l’alto livello di quella disciplina rende una valanga di danaro a chi la domina allora lì il doping sarà molto diffuso, sarà pure molto evoluto e presumibilmente chi si dopa in quella disciplina non verrà mai pigliato positivo perché non è certo un pirla se prende premi da capogiro a vincere in quella disciplina sportiva.
Detto questo il problema del giornalismo sportivo è anche un problema di cultura generale dello sport. Io sono convinto che se aumentano i praticanti veri dello sport in Italia e diminuiscono i telespettatori anche il giornalismo sportivo sarà costretto ad evolversi altrimenti perde credibilità e nessuno acquisterà più i giornali che le raccontano un po’ troppo grosse. Le bugie hanno le gambe corte. Prima o poi, pian piano, la verità viene a galla.