L’unico errore imperdonabile in attività motoria è stare troppo tempo fermi. Su quell’imperdonabile errore non dovrebbero nemmeno intervenire i tecnici bensì i medici. E’ una cosa talmente importante non esagerare con l’inattività che assume un’importanza di carattere medico, è il medico che deve dirti non stare troppo fermo altrimenti ti ammali, muoviti, fai quello che vuoi, ma muoviti. Nell’ambito del movimento l’insegnante di educazione fisica può intervenire con la sua fantasia, con i suoi giochini ed i suoi tentativi di imbastimento di una preparazione fisica razionale ma la grossa direttiva deve averla già data il medico spronando al movimento.
Una fortissima mezzofondista italiana di livello mondiale che si diletta ancora a prendere parte alle gare master con notevoli risultati (ogni tanto piglia, viene lì, e si fa un record italiano di categoria tanto per far qualcosa…) un giorno mi disse che l’esperienza che le avevano lasciato sette interventi al tendine d’Achille era una sola: che non bisogna mai stare fermi troppo tempo. Il riposo forzato tenuto molto a lungo è peggio della patologia in sé per sé per e pertanto bisogna stare molto attenti a centrare i corretti carichi di allenamento perché se si incappa in uno stato infiammatorio grave si può essere costretti a subire una pausa che alla fine sarà il vero motivo di indebolimento della struttura. Praticamente l’infiammazione ti guasta i tendini ed il riposo prolungato te li mette in crisi del tutto.
Il riposo in certi casi di sovraccarico è certamente necessario ed è quello che può farti prevenire uno stato infiammatorio se somministrato nel giusto modo, se invece se ne abusa, prendendo a modello il vecchio: “Fai qualche giorno in più di pausa che fa sempre bene…” rischia di diventare devastante. Ne sanno qualcosa i malati di malattie nelle quali è necessario stare a letto a lungo che quando si rialzano hanno problemi di tutti i tipi. Qualche giorno in più di riposo forzato può proprio fare la differenza… in peggio però.
A parte questo clamoroso errore che comincia ad essere valutato con la giusta attenzione (il danno da sedentarietà è sempre più studiato ed analizzato in tutti i suoi aspetti) gli errori commessi con l’attività fisica possono essere infiniti e chi ha una certa esperienza capisce che se ne fanno sempre di nuovi.
Sono errori quasi sempre perdonabili e chi si muove molto e conosce sé stesso impara a riconoscerli sempre prima.
Il vantaggio dell’attività fisica non è che dopo un po’ non si sbaglia più, il vantaggio dell’attività fisica è che si impara a sbagliare, si impara a riconoscere l’errore sempre prima, soprattutto si prende consapevolezza del fatto che se uno non vuole più sbagliare deve solo che spararsi o condannarsi all’inattività assoluta perché non sbagliare con l’attività fisica è pressoché impossibile, per chiunque. Siamo condannati a sbagliare perché il paradosso è che l’esperienza ci insegna che l’unico errore imperdonabile è l’inattività, come nel caso dei tendini achillei dell’atleta di alto livello appunto.
Come insegnanti di educazione fisica dobbiamo sconfiggere l’incubo dell’errore in chi si accosta all’attività fisica senza averla mai fatta in modo sistematico. E’ questa paura (oltre che la paura della fatica e della noia) il grande freno dei sedentari. Se noi insistiamo facendo terrorismo e continuando ad elencare i danni della sedentarietà non produciamo nulla di buono perché la paura di muoversi sbagliando resta superiore a queste paure che andiamo inutilmente ad alimentare. Bisogna sostituire la cultura della paura con quella dell’entusiasmo. E’ un po’ quello che facciamo con i fumatori incalliti quando elenchiamo loro la serie dei disastri che fa il fumo. Quelli sono già conosciuti dal fumatore, ciò che non sa il fumatore è quanto si sta bene a non fumare perché non ha mai vissuto questa esperienza (o se l’è dimenticata perché è passato troppo tempo). Al contrario il fumatore incallito ha vissuto momenti di disagio terribile quando ha smesso di fumare ed invece di associare questi momenti di disagio al fumo (è proprio perché fumi troppo che stai da bestia nei primi momenti che smetti…) li associa all’astinenza. Secondo il fumatore chi non fuma soffre. Fintanto che non arriva alla fase di “Chi non fuma sta molto meglio degli altri e risparmia pure soldi” non smetterà di fumare. Così il sedentario cronico è fermo alla fase del “Chi si muove sbaglia molte cose con il movimento…” e fintanto che non arriva al concetto che, pur sbagliando molto, “Chi si muove sbaglia comunque meno di chi non si muove” resterà un sedentario.
Chi ha studiato molto la teoria e metodologia dell’allenamento fa un po’ fatica ad allenare. Resta molto appassionato di tutte le questioni tecniche che riguardano il movimento ma nel rapporto con l’atleta può essere anche un po’ impedito. Diciamo che chi ha studiato molto la teoria del movimento rompe un po’ tanto le scatole al suo atleta perché ha sempre paura di sbagliare e fatica pure ad allenare gruppi numerosi perché sa che in presenza di grossi numeri le sviste possono aumentare, non solo la consapevolezza dell’alta individualità della preparazione ti porta ad essere un po’ riluttante nel gestire gruppi numerosi.
Verrebbe da dire che sia opportuno studiare meno per allenare meglio senza freni imbarazzanti. Non sono convinto che sia così. Studiare serve almeno ad una cosa: a vaccinarti contro gli effetti devastanti di certa letteratura sportiva. Non è che chi ha studiato diventi refrattario ad ogni nuova teoria del movimento ma acquisisce delle capacità nel trattare i testi specialistici che ti cambiano radicalmente l’approccio con la materia. Con una semplificazione un po’ ridicola se il tecnico neofita va avanti per la sua strada perché sul libro… c’è scritto così, il tecnico affermato è proprio possibile che si blocchi perché sta accadendo tutto ciò che c’è scritto sul libro e se succede tutto così vuol dire proprio che l’errore è dietro l’angolo nel senso che prima o poi si rileva una grande incongruenza fra la preparazione di campo e la teoria scritta.
Il tecnico affermato ed esperto è molto propenso a sentire l’atleta in tutte le situazioni e per quello appare incerto ed insicuro. In effetti è titubante e sempre timoroso di sbagliare e per quello non ha nessun altra possibilità che continuare a sentire l’atleta, dai libri non arrivano risposte per dubbi specifici che vanno risolti solo con quell’atleta.
Su poche cose siamo restati d’accordo negli ultimi anni in teoria del movimento ed una di quelle cose è l’alta specificità di ogni situazione di addestramento. Ciò che va bene per un atleta può andare molto male per un altro, non solo ma ciò che va bene per un atleta un certo giorno può non andare più bene anche per lo stesso atleta il giorno dopo. Le variabili sono troppe. Di certezze non ce ne sono. O meglio forse una c’è che se prepari un atleta seguendo le istruzioni del libro di teoria e metodologia dell’allenamento sportivo commetti un grave errore. Sbagliare sapendo di sbagliare è tollerato solo se non sai qual’è il preciso errore che commetti. Se conosci l’errore lo eviti. Per questo il tecnico affermato è lento e titubante: sa che sbaglierà ma non sa in che modo sbaglierà, nella sua testa continua a fare i conti con errori che ha già fatto e non vuole ripetere. A volte l’ignoranza rende più agili. Bisogna vedere se questa agilità è produttiva.