E SE L’ALLENATORE E’ UN COMPUTER?

A chi come preparatore usa un sistema computerizzato (i giovani le chiamano “applicazioni”…) consiglio di provare ad usare una bambola gonfiabile per fare sesso. Non sto scherzando. Forse è il sistema migliore per far capire come funziona l’applicazione. Scrivo “forse” perché di bambole gonfiabili ce ne sono di molto carine e ritengo che siano potenzialmente molto più collaborative di un sistema computerizzato per la preparazione sportiva. La bambola gonfiabile ha il buon senso di non parlarti e se le dici “Guarda oggi non ne ho proprio voglia…” può pure capitare che ti guardi con occhi comprensivi. Il sistema di preparazione computerizzato invece è spietato, tonto, è proprio il caso di dire che non capisce un cavolo e ti viene voglia di mollarlo subito. Dovrebbe essere così perché la migliore delle “applicazioni” (come dicono i giovani) è molto più pericolosa del peggiore degli allenatori in carne ed ossa. Come italiani dovremmo essere abbastanza protetti da questo tipo di pericolo in quanto abitanti di un territorio fra i meno informatizzati del pianeta. Invece non è così. Andiamo ancora a pagarci le bollette in posta ma siamo disposti a farci allenare da un’applicazione. Probabilmente abbiamo molta più fiducia della maggior parte degli operatori di sportello delle Poste che dei tecnici di attività motoria. Oppure non è così, molto semplicemente non abbiamo capito che la preparazione fisica è un qualcosa di molto più complesso del pagamento di una bolletta. Nella preparazione fisica occorre un processo di ritorno delle informazioni che è fondamentale per fare il passo successivo, senza il quale teoricamente ci sarebbe sempre da fermarsi finché uno straccio di risposta dal nostro organismo non è arrivata per illuminarci sulle scelte successive. Per quello molte volte dico che in assenza di un tecnico è proprio opportuno provare a fare da soli, ma senza nessunissima “applicazione” perché quella non fa altro che disturbare l’azione di ritorno, quella della percezione del movimento che in chi si allena da solo può pure essere efficace perché non deve essere mediata da nessun linguaggio. Quando parlo con un tecnico devo usare un linguaggio comune, un linguaggio che sia ben compreso dal tecnico, se mi alleno da solo avrò certamente un problema di mancata individuazione di alcune problematiche perché non posso essere l’occhio esterno di me stesso ma almeno non avrò un problema di linguaggio, parlo a me stesso nella lingua che mi piace di più.

Ho scritto “Parlo a me stesso nella lingua che  mi piace di più…” non nella lingua più efficace e già questo dovrebbe farci pensare. Il sistema computerizzato è assolutamente privo della possibilità di rielaborare una serie di informazioni che sono determinanti per la qualità del processo di allenamento. Ragiona secondo fantomatici criteri di efficienza ma non sa assolutamente cosa voglia dire un allievo demotivato, che quel giorno lì ha la luna di traverso perché è privo delle minime capacità per addentrarsi in tali argomentazioni.

Ho fatto l’esempio della bambola gonfiabile che può sembrare ridicolo ma non lo è del tutto. Forse qui i maschi possono capirmi di più. Certi maschi dicono che per fare sesso la partner può essere anche cretina e non è necessario che sia intelligente ed abbia certe caratteristiche psicologiche, anzi a volte l’intelligenza inibisce il maschio con qualche tara psicologica. Ecco, l’applicazione potrà pure essere bella e affascinante (non so se esistano applicazioni belle e affascinanti…) ma se è cretina non c’è nessuna possibilità che ci sia di aiuto per poter affrontare la nostra preparazione fisico sportiva.

L’appiattimento culturale in tema di preparazione fisica purtroppo ha portato ad accettare per valide anche le indicazioni di un sistema computerizzato. In un mondo di preparatori che non sono per nulla restii ad elaborare fantomatiche “schede di lavoro” questo non deve sorprenderci. La scheda di lavoro è l’anticamera della preparazione computerizzata. Se devi farmi una scheda di lavoro allora tanto vale che te ne stai a casa a fare qualcos’altro che alla scheda di lavoro ci può benissimo pensare anche un computer che non capisce niente.

Dobbiamo tornare a riappropriarci del nostro linguaggio, dobbiamo reagire alle sigle della cultura dei 140 caratteri e dobbiamo tornare ad una comunicazione di qualità, solo così riusciremo a comprendere che la persona umana è insostituibile. I computer ci hanno sottratto milioni di posti di lavoro. Dovevano servire a farci lavorare meno e ad aumentare il nostro tempo libero. Invece hanno ridotto i posti di lavoro e pure la nostra quota di tempo libero. Almeno in certi ambiti dobbiamo avere il coraggio di mandare a quel paese i computer, forse non per pagare le bollette ma certamente per cose più importanti sì. A meno che non ci abbandoniamo all’informatizzazione nel modo più sfrenato ma allora la bambola gonfiabile con lo sguardo comprensivo deve andare in soffitta, non può piegarsi ai nostri capricci e deve sapersi imporre secondo le sue informazioni standardizzate. Che non succeda che fuggiamo da certi standard obbligatori.