In un anno muoiono nel mondo più di un 1.200.000 persone (in lettere un milione e duecentomila…) in incidenti stradali. L’influenza ne ammazza molti di meno, il terrorismo per quanto scandalosamente pubblicizzato (ed in questo senso favorito) decisamente tante di meno. E’ una vera e propria guerra. In realtà le guerre si fanno contro il terrorismo e purtroppo fanno ulteriori vittime e non aiutano a contenerlo ed una vera e propria guerra si fa anche contro l’influenza con miliardi di dollari spesi in vaccini. Sono guerre ritenute inevitabili, io penso ancora più inevitabile quella contro l’influenza e costano comunque un’infinità di soldi. La guerra contro gli incidenti automobilistici invece è pressoché inesistente, anzi si progettano e commercializzano automobili sempre più veloci che, per la loro velocità, aumentano le possibilità di incidente. Per assurdo è più sicura una vecchia carcassa che fa a malapena i 140 chilometri all’ora di un missile di nuova generazione che supera senza problemi i 220 chilometri all’ora. Dovrebbe essere decisamente più sicuro quest’ultimo per la tecnologia costruttiva che lo caratterizza ma poi, per l’uso che se ne fa, diventa più sicuro il catorcio che non raggiunge i 140. Infatti è il missile da 220 all’ora che si schianta contro un camion perché l’auto che fa i 140 nonostante i freni da incubo riesce a frenare.
Il traffico automobilistico poi fa un’altra gran quantità di vittime non quantificabili riuscendo ad aumentare l’inquinamento e garantendo una buona persistenza della sedentarietà che è un’ altra grandissima causa di morte nella nostra società. In breve un’ ecatombe. Penso che se dei marziani venissero in sopralluogo da noi e tornati a casa dovessero fra una breve relazione per il “TG in 60” (chissà se ce l’hanno già anche loro o hanno la fortuna di non esserci ancora arrivati…) commenterebbero più o meno così: “Una civiltà piuttosto evoluta che continua a farsi del male con degli accidenti che si chiamano automobili, chissà se è la loro religione, se è così bisogna ammettere che non esistono le guerre di religione perché sono tutti di quella religione lì…”.
Il problema è che l’auto non è la nostra religione, noi abbiamo tante religioni ed esistono pure le guerre di religione, sono solo tutte d’accordo su una cosa: che l’auto non si tocca.
Quando io dico che il problema della sedentarietà va affrontato ponendo un freno all’utilizzazione delle automobili nelle nostre città supercongestionate vengo preso per un terrorista. Le brigate rosse in confronto a me erano più accomodanti perché non proponevano nessuna restrizione del traffico automobilistico.
E’ chiaro che, come tutte le rivoluzioni, quella per riprendere il possesso delle nostre città deve essere una rivoluzione graduale perché se è violenta finisce male ma, pian piano, bisogna prendere coscienza che ormai non si può più ragionare in termini di organizzazione del traffico come negli anni ’60. E non è un tornare indietro cambiare metodo ma ammettere che ormai siamo nel futuro. E’ retrogrado chi fa finta di niente. Chi dice che l’unico sistema per sostenere lo sviluppo è questo. Se proprio bisogna sostenere l’industria automobilistica c’è un miliardino di vetture elettriche da piazzare perché quelle a petrolio ormai sono obsolete.
Tornando alle vecchie carcasse di chi non può permettersi il cambio vettura è anche da quello che vedi che non ci sono politiche per il contenimento dell’inquinamento. Vi sono state politiche per la rottamazione per far acquistare veicoli tecnologicamente più evoluti e quindi meno inquinanti. Ebbene il parco vetture è ancora fortemente invaso dalle vetture a gasolio quando con incentivi sulle “trasformazioni” adesso potremmo avere molte più auto a gas che anche se vecchie inquinano di meno di quelle a gasolio nuove. La verità è che quelle leggi erano per far vendere più auto e non per ridurre l’inquinamento. E così quando si parla di sicurezza. Le auto nuove saranno anche più sicure ma sono anche più potenti e veloci e così vanno ad inficiare i progressi ottenuti con la maggior sicurezza.
La mobilità del cittadino si mescola con la mobilità nel traffico. Il cittadino ha bisogno di muoversi per combattere la sedentarietà ma fa fatica a muoversi perché è previsto che si muova in auto. Le città sono strutturate per favorire gli spostamenti in auto.
Se consideriamo che per il cittadino è importante potersi muovere a piedi ed in bicicletta nella propria città automaticamente abbiamo determinato le linee di sviluppo urbanistico delle nostre città. Dobbiamo riprenderci le nostre città con scelte politiche decise e coraggiose. Le nostre, non quelle degli altri. Con politiche locali e pure andando di persona a rompere le scatole agli amministratori che si conoscono. Se ognuno nel proprio luogo, nella propria via, nel proprio quartiere inizia a preoccuparsi della sicurezza in strada e dei diritti dei pedoni possiamo cambiare pian piano il volto delle città. E’ una rivoluzione che deve partire dal basso.
Molti guardando il traffico folle di Roma dicono che se questo è l’esempio della capitale le altre cento città possono seguire solo quello stile. Io dico esattamente il contrario: che se dalle città più piccole dove è più facile andare a cercare l’amministratore locale quando ti prende in giro iniziamo a cambiare le piccole cose e diamo un nuovo stile a queste piccole città allora magari fra una decina di anni anche Roma avrà il coraggio di fare scelte drastiche per essere la capitale gradevole di un paese civile, dove la religione prevalente non è più quella dell’automobile.