Si parla sempre di attività fisica come strumento di salute e non c’è dubbio che lo sia però per far sì che lo sia nel modo migliore bisogna effettuare un salto culturale per rivedere le motivazioni che spingono al movimento.
E’ un salto culturale “all’indietro” ma è necessario per poter ambire ad un’attività fisica equilibrata che faccia davvero risparmiare soldi al Sistema Sanitario Nazionale.
E’ un salto culturale che si può analizzare partendo da almeno due punti di vista che anche se riguardano aspetti diversi dell’attività motoria la condizionano in modo simile ed hanno un’unica matrice: il modello televisivo.
Il modello televisivo ha snaturato l’approccio all’attività fisica sia per quanto riguarda l’aspetto dell’attività motoria salutistica che per quanto riguarda l’aspetto sportivo.
Trattando l’aspetto dello sport per tutti senza componente agonistica, quello della cosiddetta profilassi sanitaria, questo è stato trasformato da attività per star bene e buttar giù un po’ di pancetta in attività per dimagrire vistosamente e raggiungere un ben preciso modello estetico.
Con riferimento allo sport agonistico vero e proprio si è partiti dall’ambizione di entrare a far parte di un certo ambito sportivo per approdare a quella ben più elevata di diventare dei numeri uno della propria disciplina sportiva.
E’ stata la TV a pubblicizzare questi nuovi obiettivi e per le abitudini dei cittadini è stato un disastro culturale che ha stravolto l’approccio con l’attività fisica a tutti i livelli.
E’ stato un disastro perché questi sono modelli quasi astratti, comunque molto difficilmente raggiungibili, poco concreti e soprattutto non sempre avvicinabili con un’attività motoria sana ed equilibrata.
Partiamo dai campioni per atterrare poi sui comuni mortali. Se nei campioni il modello è solo il numero uno, quello che da solo tiene in piedi tutta la scena dello sport spettacolo, allora davvero lo sport viene impoverito al ruolo di ambizione per pochi perché i più non hanno certamente la possibilità di ambire ad un ruolo di vertice. Con grandi sacrifici si può entrare a far parte della ristretta cerchia degli atleti di alto livello ma certamente non a tutti è concesso di poter sperare di poter diventare il migliore. Se nello sport di alto livello chi non vince è semplicemente una comparsa che conta poco o nulla, anche se è a tutti gli effetti un atleta capace di grandi prestazioni allora già a 16-17 anni si può arrivare a sospettare che si sta investendo tempo per diventare una comparsa di lusso, capace di grandi risultati sportivi ma inesorabilmente condannata a non essere apprezzata per il vero valore sportivo. Con queste premesse prosegue solo chi ha ancora l’illusione di poter diventare un vero e proprio big della disciplina, gli altri si arrendono demotivati da questo circo “schiacciasassi”.
L’esaltazione e la consacrazione del numero uno si trasforma da strumento di reclutamento di tanti giovani a pretesto per abbandonare l’attività agonistica in tenera età: quel modello è troppo in alto, troppo irraggiungibile per poter dare razionalmente delle speranze di poter essere raggiunto.
Il salto culturale all’indietro consiste nel tornare a puntare sulle comparse: quelle sono più facilmente emulabili, quelle sono i veri eroi dello sport, quelle sono il modello di riferimento per una gioventù sana. Questo salto culturale è semplicemente a poco più di cent’anni indietro, ai tempi del barone De Coubertin, promotore delle Olimpiadi moderne che diceva che “l’importante è partecipare”. Questo spirito olimpico si è drammaticamente smarrito e adesso l’importante è vincere tanto è vero che se uno si rende conto che non ha possibilità di vincere abbandona ben presto la pratica agonistica e le Federazioni sportive stesse non lo mandano nemmeno alle Olimpiadi per non sprecare danari che possono servire a costruire il campione da medaglia. L’imperativo è la medaglia, non fate spedizioni colossali di atleti che non hanno possibilità di salire sul podio, non interessano a nessuno.
Nel trattare l’attività motoria per tutti il tipo di ragionamento non è molto diverso. Un tempo si argomentava di attività fisica per stare bene, per buttare giù la pancetta. Adesso anche lì è aumentata la competitività ed il concetto si è evoluto su posizioni che denotano un’involuzione culturale. I riflettori non sono più puntati sull’aspetto salutistico ma ci si è concentrati sul dimagramento, sul raggiungimento di un modello estetico. E anche su questo si sono fissati nuovi obiettivi. Mentre una volta l’obiettivo era vago, elastico e comunque legato alla necessità di sentirsi ricaricati dallo sport adesso l’obiettivo è ben preciso, ha dei connotati netti e, guarda a caso, è pubblicizzato con insistenza dalla televisione. Così ci si inventa la tartaruga sugli addominali, il gluteo scolpito e la coscia che deve avere delle misure ben precise altrimenti è assolutamente insostenibile secondo il modello televisivo.
Anche qui il nuovo modello invece di incentivare la pratica dell’attività motoria la rende più problematica perché se quello è il modello allora bisogna operare con precise indicazioni e possibilmente mettersi pure a dieta. Talvolta le diete sono pure incompatibili con una sana attività fisica perché tolgono il carburante per poter fare sport senza problemi. Si valuta la dieta per buona quando fa perdere peso senza rendersi conto che le diete che fanno perdere più peso sono le più pericolose perché quasi sempre non sono equilibrate e pertanto non possono essere protratte a lungo senza creare inconvenienti talvolta anche molto seri. Per fortuna l’organismo si difende e quasi sempre quelle diete vengono abbandonate anzi tempo, prima che facciano danni irreversibili.
La corsa al dimagramento trasforma l’attività fisica non agonistica in un vero e proprio supplizio visto esclusivamente in ottica ristrutturazione corporea, alla fine è più rigoroso quel tipo di attività di quella finalizzata al raggiungimento di risultati sportivi che almeno possono essere raggiunti più con l’affinamento tecnico che con il rimodellamento corporeo.
Dobbiamo tornare a praticare attività motoria per il gusto di muoversi e/o di gareggiare senza obiettivi estetici e senza presunzione di emulazione dei super-campioni. Solo puntando ad una sana attività fisica con un regime dietetico equilibrato, gareggiando per il gusto di competere e non per la necessità di vincere potremo tornare ad un concetto di attività fisica e sport strettamente connessi con un effettivo miglioramento delle condizioni di salute.
Alla fine, su questo sito, mi ritrovo a pubblicizzare un nuovo-vecchio modo di intendere l’attività motoria: dando la precedenza alla salute ed al divertimento.