Quando parlo con qualche allievo al percorso della salute ho due situazioni nelle quali gli altri utenti del percorso rallentano per spiare i discorsi: la prima, semplicemente ovvia, è quando per sbaglio (perché me lo chiede il mio interlocutore) parlo per qualche istante di alimentazione. Basta che dica “bistecca” o “mozzarella” e tutti si fermano per tentare di capire il discorso rischiando di provocare un ingorgo. Penso che nella prossima vita aprirò un ristorante da avviare mettendomi a parlare di cibo al percorso della salute. Il secondo frangente durante il quale la gente rallenta e “spia” è quando, sempre malauguratamente, mi metto praticamente a dimostrare qualche esercizio ginnico la cui descrizione verbale risulta più complessa di una pur patetica dimostrazione pratica. La spiata serve praticamente per capire se la loro esecuzione dell’esercizio è corretta o meno. Praticamente si illudono che io sia lì a fare una disquisizione su esercizio “giusto” ed esercizio “sbagliato” magari emettendo qualche sentenza del tipo “Questo esercizio va fatto così”.
Ho passato una vita a dire che la frase “Questo esercizio va fatto così” non esiste nemmeno nel mondo delle favole e la gente mi spia per vedere se il loro esercizio è fatto correttamente confrontandolo con la mia dimostrazione.
Una sintetica risposta per tutti quelli presi da questa curiosità al percorso: sicuramente la vostra esecuzione dell’esercizio è nettamente meglio della mia per il semplice motivo che voi siete nel vostro fisico, con i vostri limiti che molto spesso sono molto meno tristi dei miei e comunque sono i vostri limiti e se anche disgraziatamente fossero limiti addirittura peggiori dei miei non sarebbe di certo un’esecuzione dell’esercizio come quella improbabile offerta dal sottoscritto a spostare questi limiti.
Insomma viviamo ancora la cultura dell’esercizio “giusto o sbagliato” e anche in un percorso della salute, dove c’è gente abbastanza preparata perché mettendo in moto il proprio corpo scopre come funziona, ci si sta ancora a chiedere se un certo esercizio va fatto in un certo modo o in un certo altro.
L’unico esercizio sbagliato è quello che non si prova nemmeno a fare perché si ha paura di sbagliare. E’ vero che emulando qualche modello che non ha le nostre caratteristiche fisiche si può pure sbagliare l’esecuzione di un esercizio ma lo sbaglio di uno che si muove è sempre inferiore allo sbaglio di uno che non si muove perché il vero “sbaglio” è non muoversi.
Lo sbaglio dell’esercizio mal eseguito può essere corretto facilmente anche senza nessun istruttore semplicemente variando gli esercizi e dando più stimoli coordinativi, lo sbaglio dell’esercizio non eseguito può richiedere anche l’intervento di un esercito di insegnanti di educazione fisica che però se non hanno le armi dissuasive per convincere i sedentari incalliti che “non esiste l’esercizio sbagliato” possono schiantarsi contro una fortezza che nessun esercito è in grado di violare.
Per questi motivi forse è giunto il momento di smontare una volta per tutte la cultura dell’esercizio “giusto o sbagliato” che continua a fare strage di orde di sedentari che avrebbero tutti ma proprio tutti i motivi per mettersi a fare un po’ di ginnastica.
Comincio ad avere un po’ la mania di confrontare le diete, che dilagano sempre più, con le abitudini al movimento. Mentre non c’è nessun ritegno ad iniziare diete senza domandarsi se non sono forse delle cagate pazzesche tipo la “Corazzata Potemkin”, c’è un pudore esasperato a cominciare a fare qualche comune esercizio di ginnastica per gli affari propri perché si ha una paura terribile di sbagliare. Non abbiate paura, il fantasma dell’esercizio sbagliato non esiste e se esiste è un fantasma assolutamente innocuo che continua a prendere sonore sberle dal fantasma della sedentarietà che ho la strana sensazione che non sia nemmeno un fantasma ma un personaggio terribilmente vivo, pericoloso ed attuale.