Scrivo la “moda” degli integratori ma dovrei scrivere il “business” degli integratori. Come quasi sempre accade, dietro ad una moda c’è un business; è molto difficile che prima nasca una moda e poi dietro ci venga costruito un business. La norma di questo binomio indissolubile moda-business è che prima, anche con ricerche di mercato, venga individuato un business e poi, grazie al lancio della moda, si creino le condizioni perché questo business aumenti a dismisura e raggiunga dimensioni macroscopiche.
Scrivendo questo articolo cado in netta contraddizione perché dovrei limitarmi ad affermare che chi si occupa di attività motoria non deve occuparsi di integrazione alimentare e pertanto, in ossequio al concetto di coerenza, l’articolo dovrebbe essere finito qui.
Accade che un buon 20-30% dei quesiti che mi vengono posti su questo sito, ma anche quando “esercito” sul campo il mio servizio, riguardi proprio l’alimentazione ed in particolare proprio l’argomento dell’integrazione.
Io dico sempre che non sono un nutrizionista e agli occhi del mio interlocutore (dal vivo, non su Internet, c’è anche una comunicazione gestuale che certamente aiuta di più a capirsi…) sembro subito un Ponzio Pilato che se ne lava le mani e chi mi ha posto il quesito pare che voglia dire: “Ah, ma se non parli di integrazione alimentare allora parli solo di fesserie…” come se gli avessi stroncato subito l’argomento principe di tutti i discorsi sulla salute.
Per questo, proprio per non apparire Ponzio Pilato anche su Internet, esprimo un mio punto di vista personalissimo sulla questione integratori che però non è il parere di un esperto ma quello di un insegnante di educazione fisica che vede troppo spesso gli argomenti riferiti all’attività motoria indissolubilmente associati al concetto di integrazione alimentare.
Per conto mio associare il concetto di attività motoria a quello di integrazione alimentare è mischiare il sacro con il profano dove, ovviamente dal mio punto di vista, il sacro è l’attività motoria ed il profano è l’integrazione alimentare. E’ chiaro che è il punto di vista di un “tifoso” dell’attività motoria che in 25 anni di professione si è rifiutato di mettere le due cose sullo stesso piano snobbando l’argomento integrazione alimentare come una cosa di poco conto. Non volendo ripetere perché l’attività motoria è importante in quanto l’ho giù ripetuto in tutte le salse in oltre 200 articoli scritti qui sopra tento di limitarmi a spiegare perché in questi 200 articoli ho volutamente trascurato l’aspetto integrazione alimentare adducendo come scusa la motivazione che questo non è un argomento di mia competenza.
Intanto la cosa più semplice: davvero l’integrazione alimentare “non” è materia di mia competenza e pertanto quella scusa è un qualcosa in più di una semplice scusa. Poi però c’è una motivazione quasi filosofica a bloccarmi praticamente del tutto su questo tema e non è molto difficile spiegarla.
Chi sostiene l’integrazione alimentare la motiva “da lontano” partendo dal fatto che “…i cibi non sono più quelli di un tempo e non hanno più le caratteristiche nutritive che avevano una volta”. Questa cosa, tutta da verificare anche se possibile, da sola non giustifica a mio parere il ricorso all’integrazione alimentare che va ad aggiungere un’ulteriore variabile complessa ad un’alimentazione che può davvero essere diventata più complessa proprio perché i cibi sono cambiati. Se i cibi sono cambiati in peggio è il caso di darsi da fare per cercare cibi che abbiano il più possibile le caratteristiche che hanno sempre avuto. L’organismo si adatta alle nuove situazioni, siano favorevoli o sfavorevoli. L’idea di adattare l’organismo all’integrazione alimentare creando un’assuefazione a questa, che teoricamente potrebbe anche durare per tutta la vita, non mi entusiasma molto. L’idea che i cibi impoveriti possano creare squilibri insanabili mi pare un po’ fantasiosa anche se è una eventualità da verificare e da tenere sotto controllo. Preferisco pensare ad un rapporto di fiducia con il fruttivendolo al quale con garbo si possono anche confidare gli incubi che potrebbero portare alla scelta dell’integrazione alimentare. Dico con garbo perché il fruttivendolo potrebbe pure offendersi nel racconto di questi incubi e comunque sono convinto che la miglior integrazione sia in grado di offrirla proprio lui con prodotti naturali che, per quanto mutati rispetto ad un tempo che fu, saranno sempre decisamente più naturali e salutari dei prodotti usati per l’integrazione . Non siamo negli Stati Uniti ma è giusto dire che, nel paese dove l’integrazione alimentare ha vissuto i fasti e nefasti più clamorosi, una indagine aveva accertato che oltre il 40% dei prodotti in circolazione aveva fra gli ingredienti anche elementi non dichiarati. Probabilmente in Italia non è così ma comunque dubito della grande genuinità di quei prodotti ed in ogni caso torno a dire che se bisogna chiedere uno sforzo di adattamento al nostro organismo preferisco chiederlo per costringerlo ad assimilare i nuovi prodotti naturali piuttosto che per abituarlo a pastigliette e polverine. Se qualcuno obietta che ormai di naturale non c’è più niente io rispondo che, sempre da un punto di vista filosofico, insisto nel ritenere più naturale un’arancia piuttosto di una “polverina al gusto di arancia”.