“Oscilli fra un eccentrico “fintotontismo” quando ipotizzi la tua società di gente che si muove a piedi ed in bici e una raffinata e forse ricercata originalità quando tratti argomenti estremamente tecnici in modo interessante ma un po’ troppo complesso. Di quelle cose si capisce che sono interessanti ma poi purtroppo non si capisce più nulla. Alludo a quando tratti del Sistema Nervoso Centrale con riferimento all’allenamento nello sport di alto livello. Insomma sembri un po’ Dottor Jekyll e Mister Hide. Alla tua società di gente che scoppia di salute e si è liberata dall’automobile e dalla televisione non ci credo assolutamente ma le tue idee sull’importanza del SNC nel processo di allenamento mi incuriosiscono. Non è che riesci a trattare quelle in modo un po’ più semplice e con la splendida chiarezza che adotti quando fai il pazzo utopista? Buon lavoro.”
Bene. O meglio male. Nel senso che è impossibile trattare con estrema chiarezza le cose molto complesse ed è invece estremamente facile e spontaneo trattare con chiarezza le cose semplici e trasparenti.
Due righe solo per mantenere la patente di pazzo scatenato e poi un po’ di più per rifiutare quella di scienziato quale non sono assolutamente.
Quando inneggio alla società del movimento lo faccio con convinzione. Possiamo essere anche tutti un po’ più poveri se non rispettiamo le esigenze della società dei consumi ma possiamo guadagnarci molto in salute. Abbiamo bisogno di muoverci, se le esigenze del mercato ci hanno portato a muoverci troppo poco vuol dire che non hanno fatto i conti con le nostre esigenze fisiologiche. Noi dovremo fare anche i conti con il sistema economico e forse saremo condannati ad acquistare cose inutili ed a lavorare molto per acquistarle ancora per tanto tempo ma il mercato deve fare i conti anche con le nostre esigenze di salute. Il cittadino poco sano non consuma e non lavora. Il cittadino poco sano muore o al più “vivacchia”. Il movimento è necessario per stare bene ed una società che non lo contempla fra le sue regole è una società sbagliata. Per me questa società sbagliata va modificata muovendosi di più. Ecco tutto, più semplice di così non si può. Finto tonto? Forse si. Dico pure tonto totale, ma obiettivo. Nessuno può convincermi che le città dello smog sono l’unica scelta possibile per l’uomo che pensa. Se mi dite che l’uomo non deve pensare, allora la faccenda si complica. Ma non ci credo. Resto finto tonto e fuggo sulle cose che ritengo davvero complesse: la teoria dell’allenamento.
La teoria dell’allenamento è l’altra faccia della medaglia del movimento. Quel movimento che è tanto semplice, istintivo e giocoso quando è indirizzato alle masse e diventa terribilmente complesso, poco istintivo e per certi versi pure pericoloso quando è rivolto a costruire il campione, l’atleta di alto livello.
Io sostengo che nell’atleta di alto livello deve permanere un minimo di giocosità, deve restare la fantasia dell’imprevisto, dell’imponderabile e del possibilismo. Se l’atleta di alto livello è programmato nei minimi dettagli e sa già cosa andrà a fare rischia di cadere in paranoia, si sente ingranaggio di un gioco che anche se può arricchirlo a lungo andare lo logorerà come si logora una macchina sottoposta a continui stress ripetuti.
Non è possibile trattare con parole semplici la teoria del movimento. Il ruolo del Sistema Nervoso Centrale nel processo di allenamento è certamente fondamentale e certe schematizzazioni e dogmatismi che ne hanno ignorato del tutto l’importantissimo ruolo non sono state altro che colossali prese in giro orchestrate per vendere aria fritta. Io non sono assolutamente uno scienziato ma non occorre certamente esserlo per capire che la teoria e metodologia dell’allenamento sportivo negli ultimi 40 anni ha subito un preoccupante arresto nel suo sviluppo. Probabilmente l’unico aspetto che si è evoluto è quello relativo alle pratiche dopanti e dunque è stato un progresso della medicina ma non della teoria dell’allenamento sportivo.
Quando ipotizzo una teoria del ri-conoscimento e mi trovo a coniare una definizione prendendo un termine che non è mai stato adottato da nessuno mi sento un pazzo scatenato che parla di cose astratte e chiaramente fatico a spiegarmi. Non esiste un lessico universale attorno a quegli argomenti. Si può parlare di anabolizzanti, di eritropoietina, di camera iperbarica ma se accenni a termini che possono sviscerare alcune dinamiche dell’apprendimento motorio rischi di passare per uno che parla ostrogoto. Al più puoi passare per un buontempone che si diverte a descrivere cose difficili da capire.
L’esempio, perché quando le parole mancano solo l’esempio ci può fornire qualche possibilità di comprensione. Due atleti corrono lo stesso allenamento, per esempio dieci prove sui 400 metri, stesso recupero, stessa intensità, stessa distribuzione dello sforzo, addirittura stesso problema nel fare l’andatura perché in una prova sta avanti uno e nell’altra sta avanti l’altro. Eppure hanno fatto due cose completamente diverse e che sortiranno effetti allenanti completamente diversi. Perché? Non lo so io il perché. So che è così e trovo una grande quantità di tecnici a darmi ragione su questa osservazione. E’ chiaro che devi chiamare in causa il Sistema Nervoso Centrale perché se vai a misurare i parametri fisiologici, se gli atleti sono di pari livello, è molto facile che troverai risposte confrontabili. Certamente le risposte dei parametri fisiologici differiranno fra loro di meno di quanto non differisca nei due casi la risposta allenante. E questo è il mistero. L’allenamento non è misurabile. Possiamo scrivere tutti i numeri che vogliamo ma l’aspetto qualitativo dell’allenamento ci sfugge e pare insondabile. Siamo costretti a dire che abbiamo tentato la sorte e abbiamo provato a stimolare certi meccanismi sperando che reagiscano in modo produttivo. La risposta è comunque caratterizzata da una forte casualità ed è difficilmente prevedibile. O meglio è abbastanza prevedibile quando trattiamo atleti principianti o comunque non evoluti ma non lo è più quando trattiamo di atleti di alto livello. Visto che con gli atleti di alto livello la faccenda si complica non facciamo altro che sfruttare un’opportunità che ci viene concessa con questo tipo di atleti che è quella di caricare con grandi volumi di allenamento ed allora andiamo ad aumentare le possibilità di risposta positiva. E’ l’atteggiamento di chi gioca tanto con le slot machine: per vincere di più gioca di più, ma alla fine, rischia di perdere molto…
Una teoria dell’allenamento che studia questi aspetti della preparazione è certamente complessa, se non ci si arrende alla casualità si rischia di perdere molto tempo a sondare su tanti aspetti della preparazione e non è garantito che questo tempo venga speso bene e porti certamente al successo. Certamente la scelta di dire: “Tu carica tanto, dopo vedrai che qualcosa succede…” può risultare più comoda ma è anche più pericolosa. L’atleta che carica molto può facilmente andare in sovraccarico e dunque questo atteggiamento semplicistico spalanca le porte alla filosofia del doping. Ho bisogno di caricare tanto, caricando tanto rischio di farmi male o, come minimo, di turbare alcuni parametri fisiologici, con il doping mi metto al riparo da queste sorprese perché consento all’organismo di recuperare meglio.
Il quesito centrale, nemmeno troppo complesso è “Che ruolo gioca e come lo gioca il Sistema Nervoso Centrale nel processo di allenamento?”. La mia fantomatica teoria del “ri-conoscimento” parte da questo quesito ed è un tentativo di risposta. Chiaramente difficilmente comprensibile. Spero che almeno il quesito sia chiaro altrimenti resteremo sempre a dibattere solo sugli elementi quantitativi della preparazione e pensare che un atleta che non si dopa possa sostenere la scena assieme a chi si dopa diventa un po’ utopistico.