Chi corre le lunghe distanze generalmente è anemico. Lo è per due buoni motivi: il primo è che con l’allenamento sulle lunghe distanze tende ad anemizzarsi e questo lo sanno tutti, il secondo è che tendenzialmente, per motivi genetici, il campione di lunghe distanze è un soggetto anemico. Questo non lo sa nessuno e non si può sapere perché l’anemia costituzionale viene camuffata subito dagli effetti dell’allenamento che già da ragazzino produce i suoi adattamenti significativi. Abbiamo sempre pensato al corridore di lunghe distanze come ad un atleta con globuli rossi grossi come angurie ed emoglobina alle stelle. Questo può anche succedere ma non è certamente la natura a provvedere a ciò. L’atleta anemico che supportato farmacologicamente diventa normale oppure diventa “più che normale” va come un missile ma la sua vera normalità sarebbe quella di soggetto fisiologicamente e geneticamente anemico.
Quando “studiamo” l’atleta possiamo soffermarci su queste cose e queste sono anche cose che si possono modificare con successo, non si sa quanto sia lecito modificarle ma certamente intervenire a contenere un’ anemia porta sempre ad ottimi risultati. Secondo alcuni è pure doveroso per tutelare la salute dell’atleta.
Questo è certamente un modo importante e significativo di intervenire su un atleta. Un altro modo è quello di fargli leggere un buon libro, anche se l’anemia magari aumenta.
Stranamente i risultati vengono fuori anche leggendo un buon libro, ed aumenta pure il numero dei mitocondri, anche se l’anemia è aumentata. E’ difficile capire queste cose. Com’è possibile che il buon libro abbia fatto aumentare il numero dei mitocondri?
In realtà noi il numero dei mitocondri lo possiamo alzare solo con un buon libro. In laboratorio possiamo studiare le strategie per aumentare l’ematocrito ed in certi atleti che erano anemici si è riusciti a portarlo addirittura oltre i 50 (un valore di 50 di ematocrito per un anemico è come dire un ematocrito di 55 per un soggetto normale…) ma i mitocondri non è che possiamo stare lì ad infilarli ad uno ad uno nel sangue.
Si può intervenire in modo esogeno su alcune cose, poi però gli adattamenti decisivi, specifici per ottenere un certo risultato è la Natura a scegliere come selezionarli.
Sempre difficile capire il ruolo del buon libro. Molto più facile capire quello dello scienziato. Lo scienziato studia dei parametri bioumorali, ha delle armi da impiegare, decide cosa sia lecito fare e va ad ottenere con metodo scientifico delle modificazioni strutturali che quasi sempre danno buoni risultati sul campo. La strada è breve, dire se è naturale o meno è un po’ difficile. Diciamo che la Natura sceglie percorsi un po’ più lunghi, più tortuosi, più imprevedibili, forse anche più a rischio. Probabilmente è per quello che la pista dell’intervento farmacologico è più battuta.
Il buon libro è sempre là.
Il buon libro parte da delle informazioni, queste passano dal Sistema Nervoso Centrale, vengono rielaborate, non sappiamo nemmeno noi come vengono rielaborate perché dell’SNC non ne sappiamo ancora praticamente niente. Magari producono disastri con effetto immediato sulla pratica dell’attività sportiva del soggetto oppure produrranno effetti benefici anni dopo che noi non ci sogneremo mai di individuare perché del tutto sconosciuta ci sarà la relazione causa effetto fra i due eventi. Dalla rielaborazione di queste informazioni scaturiranno a cascata una serie di eventi che forse potranno portare, fra le altre cose addirittura all’aumento del numero di mitocondri nel sangue di quel soggetto che ha letto quel libro. Non in modo diretto, in modo indiretto ma comunque senza alcuna manipolazione esogena dei parametri bioumorali, o meglio se dobbiamo chiamare manipolazione esogena anche la lettura di un buon libro e, a questo punto, potremmo addirittura farlo, solo con quel tipo di “manipolazione”.
E’ ancora poco chiaro come agisce il “buon libro”… E non potrà mai esserlo o comunque non in un futuro vicino, altrimenti tutti gli allenatori si metterebbero ad allenare facendo leggere buoni libri ai propri atleti invece che stando lì a studiare ogni strategia buona per migliorare la tecnica di corsa o la potenza del sistema aerobico.
Siamo complessi, forse troppo, in quanto esseri pensanti ed in quanto tali abbiamo la facoltà di modificare noi stessi in base a motivazioni che sono il risultato del pensiero. A volte la motivazione è talmente forte che non ha nemmeno bisogno di essere rielaborata, è addirittura inconscia, ma passa comunque dal Sistema Nervoso Centrale. Ed è questa la centrale di comando che va ad innescare tutti gli adattamenti. Se non c’è l’OK del Sistema Nervoso Centrale non parte nessun adattamento. A quel punto l’unica via perseguibile per migliorare il risultato sportivo potrebbe davvero diventare quella di arricchire il sangue con interventi esogeni ma non è garantita nemmeno quella perché se l’atleta non è motivato non si porta nemmeno sulla linea di partenza, nonostante il sangue arricchito.
Quando trattiamo di SNC tutto è possibile. Mentre con riferimento agli aspetti meramente tecnici dello sport vi sono comunque dei confini entro i quali si seleziona la didattica e la teoria dell’allenamento quando andiamo a considerare l’SNC si spazia su un terreno praticamente infinito. E così si va dal sistema sovietico che praticamente ti diceva: “Questo è lo sport, fai quello che vuoi, se ti interessa la libertà la via d’uscita è questa…” ed era un sistema certamente convincente, al sistema americano e dei paesi capitalisti in genere che hanno presentato lo sport di vertice a ‘mo di lotteria insegnando “Se vuoi notorietà e danaro questa è la via”. Se vogliamo almeno a livello di sport le due superpotenze si sono comportate in modo analogo: massima incentivazione agli eroi dello sport, siete la dimostrazione della nostra efficienza, i vostri risultati saranno premiati con il più ampio riconoscimento. Più o meno funziona così anche ai giorni nostri, comincia ad esserci qualche dubbio sul fatto che la Felicità sia conveniente conquistarla così. Non vi sono dubbi sul fatto che trionfare nello sport dia grandi soddisfazioni, vi è qualche dubbio sul fatto che la via più breve per avere grandi soddisfazioni sia quella.
Forse comincia ad essere delineato un po’ il ruolo del buon libro, ma si capisce anche perché non è un sistema molto usato per produrre campioni. Un libro davvero buono ti pone davanti ad un ventaglio di soluzioni, ti fa ragionare, non ti fa il lavaggio del cervello, non fa propaganda politica e dunque non ti da soluzioni preconfezionate. Alla fine il buon libro ti da delle idee ma chi decide se far aumentare il numero dei mitocondri nel suo sangue è proprio l’atleta e vi riesce anche senza intervento farmacologico, sempreché abbia la pazienza di attendere la maturazione psico fisica. Altrimenti vi sono le scorciatoie, ma quelle sono molto più semplici, meno fantastiche e meno originali da leggere del buon libro.