INIZIAMO AD ESSERE GIUSTI ED EQUI NELLO SPORT

Nella mia idea di uno sport che da il buon esempio alla società civile forse sono un po’ confuso. Al contrario a volte è proprio lo sport ad assorbire le contraddizioni e le aberrazioni della società civile.

Il comitato regionale veneto della federazione di atletica leggera di fatto ostacola l’attività agonistica delle categorie assolute (dai sedici anni in poi) perché richiede assurdi criteri agli organizzatori per l’effettuazione delle gare. E’ possibile che la mossa sia tesa a liberare i giudici di gara (che sono sempre meno) dalle categorie assolute per renderli disponibili nelle categorie giovanili ma se anche quello è il senso siamo comunque di fronte ad un’aberrazione. Non ha senso che i bambini di dieci anni gareggino persino troppo (a quell’età forse è ancora meglio giocare più che gareggiare) e poi quanto il giovane ha vent’anni se è un campione lo tratti con i guanti di velluto se invece non lo è lo inviti a restarsene a casa sul divano.

Del ventenne che non fa risultati altisonanti non gliene frega niente a nessuno perché quasi sicuramente non produrrà nessuna medaglia olimpica che è utlla che ci fa tanto comodo per finanziare l’attività agonistica di tutti e non solo quella di vertice.

Cosi accade che il ragazzino molli l’attività agonistica precocemente perché se non fa risultati rilevanti diventa di una noia pazzesca (io stesso se avessi vent’anni non so se troverei lo spirito di un tempo che mi portava a frequentare la pista anche quando non facevo risultati eccezionali ed è stata imprescindibile premessa per quei piccoli risultatini gradevoli da ricordare che poi ho ottenuto) e si trasforma in poco tempo in un master con la panza che va a correre inevitabilmente nelle corse su strada dove l’agonismo è ovviamente inevitabilmente e giustamente finto anche se ti sparano su sempre un numero per chiederti quote di partecipazione sempre più salate.

Dobbiamo essere giusti ed equi anche nello sport e dare spazio anche a chi non fa risultati altisonanti altrimenti non possiamo poi lamentarci di una società ipercompetitiva che ci valuta solo per quanto siamo in grado di produrre e mette i mercati al primo posto in luogo della solidarietà sociale.

Lo sport è agonismo ma anche solidarietà e rispetto di tutti i partecipanti.Se deve sopravvivere solo il più forte allora facciamo le gare con un’atleta solo e stiamo lì davanti alla televisione a vedere se fa il record del mondo. Occorrono anche meno giudici… Insisto nel dire che il problema è sempre il modello televisivo. Se vogliamo che lo sport migliori dobbiamo spegnere la televisione.