VIENE PRIMA LA BARZELLETTA O LA RISATA?

La domanda pare provocatoria e scontata: prima arriva la barzelletta e, se questa è buona, poi arriva anche la risata. Il percorso inverso è alquanto improbabile anche se devo ammettere che c’erano dei miei amici che erano abbastanza contagiosi e bastava che si mettessero a ridere per qualsiasi idiozia che provocano una risata irrefrenabile per contagio a prescindere dalla effettiva comicità dell’idiozia.

Questa della barzelletta che viene prima della risata riguarda la tecnica di corsa alla quale ho appena accennato nell’ultimo articolo. Correre è una cosa abbastanza istintiva e non dovrebbe occorrere una tecnica di corsa per farlo nel migliore dei modi. Ognuno ha i suoi rapporti antropometrici ed in base a quelli sviluppa una tecnica di corsa del tutto personale.

Eventuali modelli possono essere modelli di eleganza ma non del tutto proponibili per soggetti che non sono quelli che hanno portato in scena quel tipo di corsa.

Perché scrivo che viene prima la barzelletta della risata? Perché in base alle condizioni della corsa, dello stato di forma e di tante altre cose verrà fuori una certa tecnica di corsa che si presume che sia la migliore per quel tipo di impegno. Fare un percorso al contrario partendo dalla tecnica di corsa per poi applicarlo ad un certo compito di corsa può essere dispendioso energeticamente nel senso che quella corsa magari sarà bella da vedere ma non altrettanto efficace e funzionale per quel preciso compito.

In particolare io insisto molto sul fatto che la tecnica di corsa del velocista non è quella del corridore di lunghe distanze e, per dire, già il quattrocentista dovrebbe correre in modo significativamente diverso da quanto fa il duecentista. Non ne parliamo dei rapporti antropometrici decisamente condizionanti la tecnica di corsa e così il ragazzo con il numero 46 di piede che proprio non ce la fa a correre di avampiede nemmeno quando corre molto veloce.

Pertanto si parte dalla barzelletta e quindi da delle precise condizioni di corsa, da un determinato compito motorio per arrivare alla risata che appunto è il gesto finale, attuativo di questo compito specifico.

Il percorso inverso si può provare anche se è piuttosto improbabile. Può essere che una certa variazione della tecnica di corsa dia delle idee per sostenere un certo impegno di prestazione, però molto spesso è la condizione dell’atleta a determinare un certo tipo di corsa e così mi è capitato di vedere atleti che nel pieno della forma correvano in un certo modo che per loro era anche abbastanza inusuale. Portare quel tipo di corsa sull’atleta anche quando non in forma è un tentativo piuttosto diverso e di natura quasi pavloviana (scomodando i famosi riflessi condizionati) per sperare di evocare un presunto stato di forma dell’atleta che però deve avere anche le basi muscolari e bioumorali per sostenere quel tipo di corsa.

Forse molto umilmente ci potremo accontentare di correre in un certo modo anche quando non si è in forma avendo la piena consapevolezza che a determinare la prestazione non è solo il tipo di corsa ma anche tutta una serie di altri fattori. Il fatto che l’atleta non abbia dimenticato la corsa “buona” anche quando non è in forma è una bella cosa ma se vogliamo è anche un po’ bluffare perché quella corsa buona in quel preciso momento potrà rivelarsi anche “sovradimensionata”.

Mi spiego con il mitico esempio “Alza le ginocchia” di atavica memoria. Ci sono atleti capaci di alzare poco le ginocchia anche quando corrono a 10 metri al secondo. Quelli non alzeranno mai le ginocchia nemmeno per fare il record del mondo dei 400 o forse un po’ per provare a fare il mondiale dei 100 se sono anche in grado di prendere i 43 chilometri all’ora necessari a tentare il record del mondo dei 100.

Scegliamo sempre la soluzione più economica per un certo compito e anche se è bello vedere un atleta che corre con le ginocchia alte in modo abbastanza dispendioso, non potremo pensare che si metta a correre così chi riesce ad essere parecchio performante anche senza alzare molto le ginocchia. Due esempi su tutti tanto per essere pratici più che teorici. Nella velocità appena citata Michael Johnson che con una corsa con le ginocchia non molto alte ci faceva il record del mondo sia dei 200 che dei 400. qualcuno diceva che se le avesse alzate un po’ di più, ste benedette ginocchia, forse ci faceva anche il record del mondo dei 100, infatti Bolt che arrivava qualche anno dopo di lui, per fare il record del mondo dei 100 le ginocchia le alzava di più e con quel ginocchio alto toglieva pure il record del mondo sui 200 a Michael Johnson ma non quello dei 400 e allora i detrattori del ginocchio alto a dire che se Bolt fosse stato un po’ più economico (meno spinta, ginocchio più basso) probabilmente avrebbe distrutto il record del mondo sui 400 abbattendo l’anacronistico muro dei 43″ che è uno dei muri che l’atletica deve veder crollare per non farci dire che ci sono delle discipline stranamente in ritardo su altre.

Nel mezzofondo Steve Ovett pur alzando le ginocchia significativamente meno del rivale Sebastian Coe otteneva risultati eccezionali ugualmente (ed io aggiungo che era pure regale nella corsa pur con quel ginocchio non troppo alto) e addirittura alle Olimpiadi andava a precederlo sugli 800 dove bisogna produrre una corsa quasi da velocista per la qualità dell’intensità di gara.

Insomma la barzelletta è la condizione iniziale, il compito per rendere più possibile in una certa distanza di gara. La risata è il risultato che il nostro organismo seleziona per raggiungere quell’obiettivo e fin che non è messo a punto con certosina precisione proprio sul fisico di quel determinato atleta non si potrà capire com’è anche se si possono ipotizzare ipotetici modelli che però sono solo ipotetici perché non tengono conto di tutte le caratteristiche dell’atleta.

Certamente sulle pista di atletica sentirete gridare ancora a lungo “Alza le ginocchia!” oppure “Usa di più i piedi” perché queste urla, anche se non tengono conto del fatto che prima si racconta la barzelletta e poi si ride, sono comunque meno assurde di quelle dell’eventuale allenatore che urla “Adesso vedi di fare il record del mondo così capiamo qual’è la corsa più idonea alle tue caratteristiche fisiche…”. Questo tipo di urlo non lo sentirete mai ma il corretto modo di procedere è proprio questo: provi una certa quantità di soluzioni, quella che da i migliori risultati probabilmente è la più idonea per te e se sia con le ginocchia alte o basse, con il piede che spinge poco o tanto, fin che non l’hai provato non lo può sapere nessuno perché la soluzione che fa per te è proprio specifica per te e solo per te.

Nel bene e nel male siamo unici. Secondo me è una cosa divertente.