CHE NOIA ESSERE BELLI, CHE NOIA ESSERE FORTI

Mi diverto troppo a trovare similitudini fra l’argomento sport e la sfera affettiva, sono un po’ come le ciliegie che una tira l’altra e pertanto consentitemi questa breve freddura.

Si dice “che noia essere belli” e non è una frase del tutto buttata lì. Il “bello” o la “bella” non hanno il gusto della conquista o almeno non ce l’hanno nei termini di chi è meno bello. Troppo facile per chi è molto bello conquistare, quasi routine, scontato, meno entusiasmante che per chi non è così bello che per conquistare ne deve fare di cotte e di crude.

Non solo, ma anche visto dall’altra parte della barricata, da chi viene sedotto, personalmente mi sono sentito rapito in modo più potente da donne a prima vista non particolarmente attraenti che in un secondo tempo mostravano un fascino incredibile proprio dall’alto della loro normalità. La normalità ha un fascino indescrivibile. Troppo facile e scontato essere ammaliati da una donna avvenente. Non sorprende, non sconvolge e anche se come modo di dire si usa dire che “toglie il fiato” in realtà non toglie mai veramente il fiato perché quella che toglie davvero il fiato e seduce in modo irreparabile è quella di aspetto cosiddetto “normale” che non capisci assolutamente perché ti seduce ed è quello che ti fa diventare deficiente. Non prendiamo con connotati negativi questo “deficiente”. In realtà diventare deficiente in tal senso, perdere il controllo, non è proprio una brutta cosa ed è ciò a cui, sotto sotto, punta ogni donna verso l’uomo che vuole conquistare. La donna non è ammaliata dall’uomo reso disponibile da un bicchiere in più di vino ma da quello lucidissimo che però è inebetito dal fascino, almeno se l’obiettivo non è una serata di follia ma un qualcosa di più corposo.

Pertanto il fascino della normalità, dell’inspiegabile, della sorpresa che disorienta, perché la bellezza è fin troppo spiegabile ed è certamente interessante ma non butta fuori strada.

La similitudine con lo sport è fin troppo scontata, nemmeno da scrivere. Il Verona dello scudetto, la squadra più normale che ci possa essere. Eppure talmente normale da vincere lo scudetto con cinque punti di distacco sulla seconda che ancora adesso, dopo quarant’anni la gente non se lo sa spiegare. Tutti, non solo i tifosi del Verona.

E così quando riguardi qualche cosa epica di sport non riguardi il grande campione che vince in modo scontato ma l’atleta normale che vince in modo inaspettato. Il Willi Wuelbeck che vince da ragazzino, poi per dieci anni non vince più nulla e poi ancora, a fine carriera vince un titolo mondiale sugli 800 che nessuno l’avrebbe detto. Oppure se guardi Cassius Clay non lo guardi quando era il numero uno indiscusso ma quel giorno che doveva certamente prenderle a Kinshasa contro Foreman perché era decisamente uno scalino sotto ed invece vince lo stesso come in preda ad una magia più che spinto dal suo talento che era cosa di qualche anno prima.

Insomma il talento fa il talento e non sorprende più di tanto, sia il talento di una bella donna o quello di un grande campione, ma il normale quando va fuori dalle righe semina il panico e se è una donna ti fa diventare semplicemente deficiente se è uno sportivo ti lascia a bocca aperta proprio come se fosse una bella donna. Sono loro, dall’alto della loro normalità, che possono davvero sorprendere e, anche se per qualcuno non è facile da capire, dimostrano che la normalità ha un fascino ineguagliabile.