Dai 35 ai 70 anni, se ci si allena senza strafare ma con una certa regolarità, si perde circa l’uno per cento matematico sulle prestazioni di corsa ogni anno. Questo uno per cento calza proprio benino con riferimento alle brevi distanze della velocità (100 metri, 200 metri e 400 metri) mentre è un po’ strettino come parametro per definire il peggioramento sulle distanze più lunghe. Questa è una prima sorpresa perché, come ci hanno sempre insegnato i fisiologi, siamo portati a credere che il peggioramento sulle lunghe distanze sia più contenuto di quello sulle brevi distanze. Invece la realtà statistica ci insegna proprio il contrario. “Teoricamente” peggioriamo di più sulle brevi distanze, praticamente peggioriamo di più su quelle lunghe. Perché “teoricamente” peggioriamo di più sulle brevi distanze bisogna chiederlo proprio ai fisiologi visto che la teoria se la sono inventata loro, perché invece praticamente peggioriamo di più sulle lunghe distanze dobbiamo chiederlo a quell’infinità di sportivi che continuano a praticare la corsa anche dopo i 35 anni (e al giorno d’oggi, ahimè per i giovani, sono quasi più dei giovani…).
Questo discorso dell’uno per cento (o poco più se si tratta di lunghe distanze) sta in piedi fin tanto che trattiamo di soggetti che sono stati normalmente attivi per tutta la vita. Se invece consideriamo soggetti che, stranamente, hanno cominciato a correre dopo i 35 anni i valori sono stravolti e può accadere che per i primi 10 anni non ci sia alcun peggioramento, anzi il nuovo atleta quarantenne offre risultati migliori a 45 anni che a 35. Questa è un’ anomalia che sta a denunciare che quel soggetto si è mantenuto in naftalina nell’età del massimo rendimento per mettersi poi a correre più tardi.
Forse questo è uno dei motivi che hanno un po’ ingannato i fisiologi. Siccome la maggior parte dei soggetti che inizia a correre dopo i 35 anni inizia con le corse di resistenza e non con quelle di velocità e siccome questi soggetti in virtù del fatto che prima erano quasi sedentari riescono ancora a migliorare le prestazioni, allora facendo uno più uno fa due, visto che ci sono molti soggetti che migliorano i loro risultati sulle lunghe distanze anche dopo i 40 anni si dice che sulle distanze lunghe, a differenza che nella velocità, si può migliorare anche avanti negli anni e, pertanto,che il peggioramento dei risultati medi è più contenuto che nelle brevi distanze. Le statistiche non si fanno così e le statistiche ci dicono che, anche se quelli che si inventano velocisti dopo i 35 anni non sono certamente molti, i loro miglioramenti medi (e dunque non c’è proprio nessun peggioramento) sono più consistenti ancora di quelli che cominciano a correre a quell’età sulle lunghe distanze.
Poi ci sono i fatti strani come Gebrselassie che ottiene la miglior prestazione mondiale sulla maratona a 35 anni, ma non si considera che il Gebrselassie che a 35 anni correva la maratona, primo al mondo, sotto le due ore e quattro minuti era un personaggio che ormai aveva perso più di mezzo minuto sul suo record sui 10.000 metri e dunque ciò ci può anche far sospettare che se lo stesso Gebrselassie avesse deciso di fare il maratoneta qualche anno prima, invece che a fine carriera, probabilmente avrebbe potuto correre in un ipotetico 2 ore e 2 minuti che sarebbe ancora miglior prestazione mondiale sulla maratona.
Tornando al discorso dell’uno per cento c’è anche da precisare come questo parametro funzioni un po’ male per chi ha praticato attività agonistica ad un certo livello. Chi si è spremuto da giovane, infatti, è già tanto che abbia ancora voglia di competere nelle categorie amatoriali e, se lo fa, ottiene risultati che non rispecchiano questo peggioramento medio ma si discostano sensibilmente da esso. Non a caso quasi tutti i primatisti del mondo delle categorie masters sono atleti che gareggiavano da giovani ma che non hanno ottenuto in gioventù risultati di valore assoluto. Per qualche motivo non hanno dato fondo a tutte le loro energie nelle categorie giovanili e questa riserva di energia non utilizzata può venire fuori nelle categorie amatoriali.
Ancora, questo uno per cento tondo tondo non è più uno per cento quando si vanno a trattare le categorie oltre i settant’anni. Da lì in poi, infatti, anche con l’allenamento, diventa un po’ problematico riuscire a contenere il peggioramento in questi ambiti. Non è il caso di disperarsi e se proprio si è animati da queste curiosità statistiche si può vedere se si è nella media usando una calcolatrice. Il valore non è più il facilmente calcolabile uno per cento ma un valore che tende a crescere in modo esponenziale man mano che sale l’età. Ovviamente questi calcoli possono avere un certo valore statistico ma non devono essere certamente il pretesto per dire che un soggetto che correva i 100 metri in 15″ a 80 anni (e ce ne sono…) deve assolutamente correrli in meno di 20″ a 90 anni… Lì l’obiettivo è solamente la salute senza nessuna ombra di dubbio e se anche il record del mondo di quel signore che ha corso i 100 metri a 105 anni è praticamente un finto record perché molto più scadente delle ormai numerose prestazioni offerte sulla stessa distanza dai giovanissimi “over 100” si può certamente dire che il presentarsi al via ad una competizione all’età di 105 anni è un successone. Per qualcuno è un segnale di demenza senile e di squilibrio mentale. Io a 105 anni mi auguro di avere quel tipo di demenza senile e quel tipo di disturbi psichiatrici, li trovo affascinanti. Certo il record mondiale dei 100 metri a 105 anni non è assolutamente un fatto di allenamento. Devi essere, vivo, sano e poi avere quel tipo di demenza senile che ti porta a schierarti al via di una competizione di atletica. Fino ad ora a 105 anni c’è riuscito uno solo. Questa eccezione del 105 enne può portare a pensare però che quelli che ci provano a 100 anni non siano del tutto folli e, sempreché non si mettano con la calcolatrice a vedere che risultato possono fare per stare in linea con i novantenni, l’idea di un gruppo di soggetti di 100 anni che si sfida sui 100 metri non è certamente una brutta idea. Fa parte di quelle idee che servono ad allargare la vita, oltre che ad allungarla.