NEBULOSITA’ DEL CONCETTO DI “DECONTRAZIONE”

Arriva il velocista decisamente più forte degli altri, può decelerare dieci metri prima degli altri perché passa il turno senza problemi, commento: “Che bello decontratto!…”. Se fosse stato davvero decontratto probabilmente il turno non l’avrebbe proprio passato e per correre i 100 metri ci avrebbe impiegato venti secondi. Il discorso è che ha corso bene e, nel finale, si è potuto pure permettere il lusso di spingere meno perché aveva un buon margine di vantaggio.

Ricordo Pietro Mennea, prima delle gare se lo pungevi con uno spillo si rompeva lo spillo. Nessuno si è mai sognato di dire che non era decontratto e correva pure abbastanza bene anche se non aveva la regalità di Carl Lewis. Lo stesso Carl Lewis, che veniva preso come esempio di “assoluta decontrazione” aveva masse muscolari che con la decontrazione proprio non avevano nulla a che fare. Sono convinto che Carl Lewis per correre i cento metri in un istante meno di Pietro Mennea reclutasse un numero di fibre muscolari enorme, decisamente superiore a quello di Mennea, semmai il decontratto era proprio Mennea che contraeva meno fibre di Lewis per il semplice motivo che la sua massa muscolare non era nemmeno da paragonare a quella del “figlio del vento”.

Il linguaggio tecnico in realtà va più per immagini che per evidenze scientifiche e così siamo abituati a definire decontratto un atleta che sembra che abbia margine sulla sua prestazione massimale più che quello che contrae meno fibre muscolari. Tecnicamente è più decontratto un maratoneta, che corre i cento metri al massimo in modo orrendo, di un buon velocista che per correre alla velocità del maratoneta non fa nessuna fatica, lo può fare anche raccontando le barzellette ma comunque recluta per quel gesto un numero di fibre molto superiore a quello reclutato dal maratoneta che tutte quelle fibre proprio non sa dove andarle a prendere.

Allora, alla fine il concetto di “decontrazione” è un fatto meramente psicologico e simbolico perchè fisicamente il più decontratto è quello che contrae meno fibre e dunque ha una massa muscolare minore. Magari corre male e sembra pure rigido come un baccalà ma quasi di sicuro economizza il gesto più di chi, dotato di una grande muscolare, sembra decontratto ma in realtà sta spendendo molto a dispetto dell’apparente facilità di corsa.

Tornando alla velocità, che nell’immaginario collettivo ci richiama più facilmente all’atleta apparentemente decontratto che dimostra di valere molto meglio di quanto ha fatto nei turni eliminatori, da un punto di vista tecnico si potrebbe anche dire che l’atleta che frena negli ultimi dieci metri è un atleta che ha sbagliato gara. Non si può rischiare e passare il turno al millimetro ma se uno frena vistosamente nella parte finale o aveva davvero una gran paura di non farcela o sta giocando a fare il protagonista. Quando l’atleta è veramente forte questo gioco ci può anche stare, è un atteggiamento un po’ spavaldo, far vedere che ti qualifichi anche frenando negli ultimi metri ma, da un punto di vista razionale e non emotivo, l’atleta farebbe proprio bene a fare i conti in modo da arrivare avanti magari non di solo pochi centimetri ma spingendo fino in fondo. Non sono certamente quegli ultimi dieci metri corsi frenando che fanno risparmiare energie preziose per i turni seguenti al velocista semmai sono i primi 90 metri corsi in un decimo in più che, anche se sembra nulla, è ciò che può farti pesare di meno il turno eliminatorio.

Pertanto il concetto di decontrazione è quasi più un concetto filosofico che veramente tecnico e allora mi vengono in mente altre immagini di “decontrazione” che hanno molto a che fare con l’aspetto psicologico in corsa. Per esempio diffidate del maratoneta “decontratto” a metà gara. Molte volte le prende da quello al suo fianco che al 15° chilometro sembrava già distrutto ed in crisi anzitempo. Visto che la contrazione muscolare non la puoi vedere nel gesto e non riusciamo ancora a fare le biopsie muscolari in gara con visualizzazione della contrazione muscolare (concetto un po’ futuribile che non mi entusiasma molto per fare previsioni su chi vincerà la gara…) siamo abituati a guardare l’atleta in faccia ed in base a quello diciamo: “E’ tranquillo rilassato, sorridente, parla col compagno di squadra… è decontratto!” Mentre, quello serio, pensieroso, che magari pure guarda solo l’asfalto in basso col rischio di sbattere da qualche parte se c’è un ostacolo improvviso, quello invece: “Appare già in crisi, affaticato, non brillante e insomma fra pochi chilometri sparirà dalla scena…”.

E così dicendo dimostriamo di dare proprio dei connotati psicologici al concetto di decontrazione.

Vero è che molti atleti vanno in crisi prima di altri, soprattutto nel corso delle gare di resistenza, si tratta di capire se vanno in crisi perché hanno affrontato la prima parte di gara ad un ritmo troppo elevato per le proprie possibilità o se invece la loro tecnica di corsa da questa sensazione di fatica cronica anche quando non sono molto affaticati. Se la risposta è questa seconda, a patto che la tecnica di corsa sia funzionale, anche se non elegante, si può proprio dire che il problema è esclusivamente dello spettatore ma non di chi corre. Se invece quella fatica che traspare dal viso è una fatica dovuta ad un avvio troppo veloce allora esiste un problema tecnico che è giusto affrontare e qui la psicologia dello sport ci porta a distinguere i prudenti dai temerari. Il prudente può anche dare la sensazione di essere affaticato ma non sarà mai troppo affaticato perché non ci sta a spendere tutte le cartucce nella prima parte della gara per poi restare disarmato nella fase decisiva. Il temerario è portato a rischiare, ha un caratterone e può pure finire la gara in condizioni critiche perché per lui è importante giocare tutte le cartucce a costo di spenderle anche troppo presto.

Allora, anche volendo sostituire quell’ambiguo aggettivo “decontratto” con uno un po’ più appropriato tipo “elegante” potremo domandarci se  quell’atleta al momento è “elegante” perché sta dando fondo a tutte le energie in quella fase della gara o se è elegante perché effettivamente sta spendendo poco e pertanto sta controllando la corsa da un punto di vista tecnico con una buona efficacia. Entriamo nei cavilli perché parlando di corse di resistenza può anche accadere che quelle due situazioni non portino ed un risultato finale differente. Chi è “elegante” perché sta spingendo e sta correndo bene per quel motivo può finire la benzina in breve tempo, ma la stessa cosa può accadere anche a chi è elegante perché sta correndo bene in quanto non sta faticando molto. Può accadere che quella fatica per cause varie si verticalizzi in poco tempo e allora cambia tutto.

Morale della favola, accettiamo di commentare secondo criteri estetici una certa azione di corsa riferita a certi momenti della gara o ad un turno eliminatorio ma non pensiamo che questa azione di corsa debba essere per forza collegata ad un certo rendimento nella fase successiva della competizione. Quanto alla decontrazione… quando i muscoli funzionano la fase di contrazione si alterna con quella di decontrazione in tutti i soggetti, sia in chi corre bene che in chi corre molto male…