TEORIA DELLE EMOZIONI E “M.A.E.”

Accostamento improbabile, quasi irriverente ed assurdo, questo fra la teoria delle emozioni, che non è nemmeno una teoria ma solo una timida ipotesi, ed il “M.A.E.” che è un metodo che, per quanto valido, non ha avuto una grande sperimentazione e non ha ancora avuto una diffusione a livello di massa nello sport ma è rimasto appannaggio di una elite di studiosi.

Mi si potrebbe chiedere perché non provo un accostamento più razionale fra M.A.E. e metodo farmacologico visto che le acquisizioni nel settore medico sono molto più corpose ed affidabili. Ebbene ritengo che i benefici che si possono ottenere nel rendimento sportivo grazie ad un’affinamento dei protocolli che prevedono l’impiego di farmaci per supportare lo sport di alto livello non siano facilmente accostabili alle speculazioni metodologiche possibili con una buona messa a punto del M.A.E. perché questo metodo, innovativo ancorché piuttosto stagionato, non necessità in realtà di una grande disponibilità energetica, anzi forse diventa pure pericoloso nella sua applicazione se provato con tensioni massimali. Al contrario, nella messa a punto del M.A.E. è necessaria una grande capacità di concentrazione ed una elevata sensibilità per percepire nei dettagli il gesto motorio. Le modificazioni e le informazioni sul gesto motorio acquisibili con il M.A.E. sono comunque di vasta portata e possono portare perturbazioni a livello muscolo scheletrico non sottovalutabili. In sintesi uno dei problemi del M.A.E, é frenare e dosare l’innovazione non certamente andarla ad accelerare con altre strategie quali può essere un surpluss energetico proveniente da un’integrazione farmacologica ben studiata.

In ogni caso il M.A,E, è un metodo e se vogliamo anche uno strumento di indagine molto complesso e per cui anche un suo eventuale accostamento alla fantomatica teoria delle emozioni può sembrare poco opportuno.

Ci provo io perché forse ho un po’ troppa fantasia e perché sono convinto che la presunta teoria delle emozioni sia una chiave di lettura di molte situazioni che hanno a che fare con lo sport oltre che con la vita e la psicologia in genere.

Le emozioni informano la nostra esistenza. Il M.A.E. ci da informazioni per esempio sul nostro modo di correre parlando di una cosa piuttosto semplice che ha a che fare con lo sport (la corsa comunque, per quanto semplice, si presta a mille discussioni di carattere tecnico).

Allora, grazie al M.A.E. soprattutto se portato avanti con successo, noi possiamo migliorare la tecnica di corsa e pertanto con riferimento alla corsa migliorare le prestazioni nelle varie gare, magari concentrandosi sul particolare tipo di corsa inerente la gara che uno intende preparare.

Le emozioni c’entrano perché è proprio per queste che un soggetto in realtà non corre mai in modo assolutamente uguale tutti i giorni, come non esegue altri gesti sportivi con la precisione ripetitiva di un robot. Si dirà che le modificazioni ottenibili con il M.A.E. sono di una portata decisamente più rilevante di quelle piccole variazioni registrabili con una diversa condizione emozionale di giorno in giorno. Certo, ma è sulla qualità del gesto sportivo in toto che le emozioni giocano un grande ruolo ed io, che pur sono un convinto sostenitore del “M.A.E.”, ritengo che questo ruolo possa essere anche più decisivo di quanto possa avvenite nell’applicazione del metodo.

Esempio altrimenti rischiamo si parlare di aria fritta senza intenderci. Un atleta investe molte emozioni in una pratica sportiva di alto livello, tutto l’ambiente preme su di lui ed i suoi risultati sono fin troppo enfatizzati. Applica il “M.A.E.” e questo, un po’ per fortuna un po’ per abilità del tecnico e pure dell’allievo che riesce a familiarizzare bene con il metodo, da subito dei buoni frutti. Credete che a livello emozionale in ritorno, tale cosa non provochi nulla? Assolutamente impensabile. Ho detto “in ritorno” sottintendendo che in questo caso la prima mossa importante è proprio l’applicazione del “M.A.E.” ma ciò che succede dopo pur innescato dall’applicazione di quel metodo ormai non dipende più solo dal metodo ma anche e soprattutto dalle emozioni che accompagnano il tutto. Attenzione che di quel tipo di reazioni non conosciamo proprio nulla e non pensiamo che devano essere sempre assolutamente in sinergia con le acquisizioni del “M.A.E.”. Tutt’altro.

Facciamo prima l’esempio della situazione più semplice e gradevole per poi tentare di spiegare quell’altra che può comunque avvenire.

L’atleta applica il metodo di amplificazione dell’errore, si trova bene ed ha un miglioramento delle prestazioni sportive abbastanza significativo e quasi improvviso, senza dolorini vari ed effetti collaterali. Bingo, è tutto contento e questa “felicità” altera il sistema delle emozioni. Si trova in una situazione nuova, che si spera che sia facile da gestire e può essere proprio questa situazione nuova il carburante per nuovi miglioramenti che questa volta non dipendono più esclusivamente da un corretta applicazione tecnica del “M.A.E.” ma proprio da una rinnovata disponibilità del sistema emozionale. Questo se tutto funziona come vogliamo ma la psiche umana è complessa. Altra ipotesi dove il “M.A.E.” funziona ancora e sono questi i casi che analizziamo perché se non funziona è un problema di messa a punto tecnica del metodo importante ma che non ha a che fare con il sistema delle emozioni (almeno così crediamo…). Però questa volta è il sistema emozionale che, per cause insondabili, non reagisce come vogliamo noi. Rema contro ed il miglioramento delle prestazioni non viene accolto come pensavamo. Queste cose a volte avvengono nel subconscio e c’è chi è convinto che possono portare pure a degli infortuni perché è comunque saltato un equilibrio che anche se in un primo tempo è solo psicologico poi diventa anche fisico.

Sono mille i motivi per cui un atleta che si diverte a fare sport e crede di ambire ad un deciso miglioramento delle prestazioni sportive in realtà non è pronto per praticare sport con una filosofia diversa da quella che sta adottando al momento. Il miglioramento decisivo, invece che fonte di soddisfazioni diventa fonte di stress e di ansie. Com’è possibile? Faccio il solito esempio della morosa e direte che scrivo più di morose che di sport. L’atleta è felicemente fidanzato con una ragazza che risiede nella città “X” che guarda a caso, è la stessa dove risiede l’atleta, nonostante la pratica sportiva piuttosto ingombrante dell’atleta si vedono tutti i giorni e c’è questa relazione affettiva che anche se con un po’ di routine va a gonfie vele e, per chi non lo sapesse glielo spiego, quando una relazione affettiva va alla grande la routine proprio non la senti (al punto che ci sono i morosi che vanno in crisi perché ad un certo punto è proprio facile sentire la routine ed è una cosa che accade, eccome se accade, ma questo non è un trattato sociologico e per questa fattispecie rimandiamo a tutt’altra letteratura…). Grazie ai grandi miglioramenti nello sport l’atleta è invitato a trasferirsi nella città “Y”, perché è lì che l’organizzazione sportiva prevede che quell’atleta possa avere ulteriori occasioni di miglioramento e di qualificazione sportiva. Si crea un conflitto importante. E l’organismo umano, che non è stupido, sapete cosa fa? Decide anche a livello inconscio cosa è più importante e crea i presupposti affinché tutto possa procedere al meglio nell’ambito che si ritiene più importante che non necessariamente è quello sportivo, per alcuni può essere il piano affettivo e per altri può essere pure l’ambito lavorativo. Per cui hai voglia ad applicare bene qualsiasi metodo di addestramento sportivo se c’è una bomba innescata che mina ogni progetto.

Possiamo girare in modo positivo questa situazione tristissima? Certo se credete alla teoria delle emozioni possiamo benissimo girarla in due righe. L’atleta che si allena nella città “X” ha frequentato casualmente l’atleta (o anche la segretaria, l’insegnante di musica, che cavolo ne so…) che vive nella città “Y” e se n’è innamorato perdutamente, con ottime possibilità di costruire una storia perché dall’altra parte la cosa è miracolosamente reciproca. Si da il caso che nella città “Y” ci siano opportunità di allenamento solo per chi fa un certo tipo di risultati. Ecco che quell’atleta fa risultati eccezionali anche se non applica alla perfezione le migliori strategie di allenamento. Non sto denigrando il “M.A.E.” sto solo sostenendo la teoria delle emozioni che non ha nessun supporto scientifico a sua conferma ma che sono convinto che esista ed abbia una sua grande importanza.

Il sunto di tutto ciò è che siamo immersi in un sistema complesso e poter spiegare il tutto con categorie semplici è una pia illusione. Tutto sommato lavorare con i farmaci probabilmente è anche più semplice e forse pure meno violento perché la pastiglietta la puoi prendere come puoi anche fare a meno di prenderla ma le emozioni quando le provi non è che poi con un bottone le cancelli. Io ritengo che sia sempre più bello vivere le emozioni che non programmare tutto e affidarsi ai protocolli medici per favorire un rendimento sportivo che si vuole certamente migliorare. Per questo sono consapevole dell’importanza delle cose che andiamo a proporre e sono convinto che valutare lo sport per tutto ciò che combina e studiarlo anche e soprattutto a livello emozionale in tutti i risvolti che ha nella vita di un giovane sia semplicemente affascinante. Lo sport condiziona certamente l’esistenza di un giovane e può funzionare da valvola di sfogo o anche da catalizzatore di cose ben più importanti, andare a programmarlo con precisione oltre che noioso forse è pure sacrilego.