LA “SOTTILE” DIFFERENZA FRA VITTORIA E SCONFITTA

L’ italiano Stefano Sottile fa una grandissima gara di salto in alto alle Olimpiadi di Parigi e, pur saltando la notevolissima misura di 2.34 (record personale) al primo tentativo, non riesce a salire sul podio ed è solo quarto in una gara dove con la misura di 2 metri e 36 centimetri, solo due centimetri in più, si pigliava l’oro. E’ proprio il caso di dire che la differenza fra trionfo e sconfitta è veramente “sottile”.

Oltre a complimentarmi con il grande campione piemontese mi tocca aggiungere che per conto mio il vero grande sfigato della giornata é lui e spiego il perché.

L’altro grande talento italiano, il mitico Gimbo Tamberi arriva a due metri e 22 centimetri e stabilisce un incredibile record mondiale per atleti in preda ad una colica renale. Non mi risulta che un saltatore in alto nella storia dell’atletica sia mai sceso in pedana in preda ad una colica renale (ubriaco sì, mi pare un sovietico di altissimo livello che però da ubriaco non rendeva molto…) e tanto meno che sia riuscito a valicare l’asticella alla pur rispettabile quota di metri 2.22.

Il vero sfigato della serata non è Gimbo Tamberi anche se posso capire la sua costernazione per il mancato appuntamento con un altro possibile fantastico titolo che pure poteva essere alla sua portata stasera in altre condizioni. Il vero sfigato è Stefano Sottile che è ad un passo, anzi molto meno, solo due centimetri dal trionfo in una giornata che sembrava fatta apposta per lui. Tamberi la sua medaglia l’ha vinta già scendendo in pedana. L’hanno capito e visto tutti che questa sera non era in grado di saltare come può fare lui, era la giornata giusta per la consacrazione del suo compagno di squadra invece per due stramaledetti centimetri un possibile trionfo nel salto in alto che per l’Italia per certi versi avrebbe potuto suonare anche più clamoroso del già fantastico trionfo di Tamberi a Tokyo tre anni fa, non si concretizza. E’ comunque una gara incredibile per Stefano Sottile ma per quei due stramaledetti centimetri rischia di passare in secondo piano rispetto alla presunta sfiga di Tamberi che secondo molti avrebbe potuto replicare il trionfo di tre anni fa.

Ora, diciamocela tutta, se c’era uno dei due che aveva bisogno di quel successo era proprio Sottile che fino ad ora in carriera ha vinto cose importanti solo nelle categorie giovanili ma non in quelle assolute, quanto a Tamberi non è certamente la sconfitta di stasera che toglie qualcosa al suo valore di atleta. Se vuole concludere la sua carriera in modo diverso Tamberi ha tutto il tempo che vuole per fare altre gare e non è certamente necessario attendere la prossima olimpiade per trovare un buon pubblico a salutarlo. Per quanto riguarda Stefano Sottile, invece, io mi auguro proprio che la gara di questa sera sia solo il trampolino di lancio per successi ancora più significativi perché se questa fosse la tappa più importante della sua carriera ci toccherebbe dire che è stato semplicemente un buon gregario.

Insomma l’Italia dei quarti posti perché solo così si può definire l’Italia dell’atletica in questa olimpiade assaggia quanto sia poca la differenza fra l’apoteosi e l’oblio. E’ un Italia per certi versi più forte di quella di tre anni fa a Tokyo per densità e qualità di piazzamenti in tutte le discipline dell’atletica però non riesce a cogliere nemmeno la minima parte in termini di medaglie di quanto ha raccolto a Tokyo. Qualcuno critica che forse si poteva puntare meno sui campionati europei disputati a Roma in giugno dove siamo riusciti a massacrare letteralmente gli altri stati europei proponendoci come la nuova DDR del terzo millennio. Alle olimpiadi di Parigi questa etichetta viene meno e sembra quasi andare alla Francia che guarda a caso è il paese organizzatore dei Giochi. E allora c’è proprio da dire che nell’atletica, più ancora che nel calcio, giocare in casa è molto importante e condiziona molto il risultato.

Francamente io non farei cambio con i fantastici risultati ottenuti agli Europei di Roma per avere qualche medaglia in più a Parigi. O meglio, è chiaro che se tale cambio potesse essere alla pari sarebbe decisamente conveniente. Un oro alle Olimpiadi vale decisamente di più di un oro agli europei, soprattutto in certe discipline, ma non andrei certamente a svendere i magici successi degli europei in cambio di qualche medaglia in più alle Olimpiadi.

Tutto lo sport si fonda su più momenti agonistici e certamente ci sono impegni più importanti di altri. Nell’atletica la medaglia olimpica viene ritenuta indubbiamente quella più ambita, nel calcio il mondiale la fa da padrone, ancora nel calcio la Champions League stordisce i vari club europei e li distrae molto dalla conquista dello scudetto nei vari campionati nazionali, ma non ‘possiamo certamente affermare che il fallimento di alcuni traguardi possa essere letale per la carriera degli atleti delle varie discipline. Ci sono atleti eccezionali che non hanno mai vinto un’Olimpiade (un mio idolo personale, il miler americano Jim Ryun) ci sono grandi club di calcio che nel loro momento migliore perdono la famosa Champions League e magari la vanno a vincere in un momento molto meno felice quando sono contestati dai tifosi per chissà quale altro successo mancato.

Indubbiamente la distanza fra successo e sconfitta è molto labile e l’unica distanza invece molto significativa è quella fra partecipare e non partecipare. Tornando al mitico Gimbo Tamberi che per conto mio oggi non è stato terribilmente sfortunato (anche perché il collega Sottile ha concentrato l’attenzione su di sé) era molto peggio se lo trattenevano in ospedale perché in quelle condizioni non si assumevano la responsabilità di mollarlo. L’hanno lasciato andare allo stadio, ha fatto una gara un po’ così ma pare che non si contorcesse dai dolori. Diciamo che al momento non pare una colica renale di quelle mondiali. Spero di non portargli sfiga ma pur non essendo un medico ho visto coliche renali molto peggiori. Non vale la pena abbattersi per una sconfitta alle Olimpiadi come per nessuna sconfitta. Molto meglio concentrarsi su ciò che può divertire invece che su ciò che può deprimere. E questo deve essere un insegnamento basilare di tutto lo sport, da quello della parrocchia a quello olimpico.