I MOLTEPLICI DANNI DEL METODO DIRETTIVO

Nell’attività motoria il metodo direttivo è ancora molto usato da insegnanti, allenatori ed istruttori in genere nonostante che i suoi limiti siano stati messi in evidenza oltre mezzo secolo fa.

La persistenza della scelta del metodo direttivo per conto mio è da attribuire al fatto che è comodo, semplice e anche abbastanza facilmente prevedibile. Purtroppo fa danni e molti di noi la sanno anche se continuano a far finta di non saperlo.

L’esagerata applicazione del metodo direttivo sta alla base di quel devastante fenomeno che è l’abbandono precoce dell’attività sportiva agonistica. La maggior parte dei ragazzi che smettono di praticare sport non smettono per colpa loro ma per colpa dell’allenatore anche se la colpa viene sistematicamente attribuita alla scuola o a chissà quale altra evenienza.

Che la scuola sia sempre più soffocante nella vita dei ragazzi è un dato di fatto ma se lo sport fosse sempre entusiasmante riuscirebbe a vincere questo ipotetico braccio di ferro che i giovani si inventano per trovare una scusa per abbandonare precocemente l’attività sportiva agonistica. In effetti una sorta di competitività fra scuola e sport esiste, perché anche a scuola, anzi soprattutto a scuola, comanda ancora sovrano (è proprio il caso di dire “comanda sovrano”…) il metodo direttivo. I ragazzi non sono allenati a reagire al metodo direttivo, tutt’altro, sono allenati ad obbedire, a subirlo e pertanto nell’unico ambito dove possono reagire a questo eliminandolo dalla loro esistenza reagiscono anche se in modo nefasto per la loro salute, stroncando di brutto l’esperienza nello sport.

Dovrebbero restare nello sport per imparare a dominare le emozioni negative provenienti da un mondo sempre più competitivo quale quello scolastico invece accettano di buon grado quel tipo di competizione per andare a reprimere quella sana sui campi sportivi.

Lo scrivente è del parere che anche la scuola danneggi sè stessa insistendo nella promozione del sistema direttivo e che a farne le spese sia l’entusiasmo dei ragazzi. E’ certo che se esiste una sorta di competizione fra scuola e sport grazie al metodo direttivo della scuola (o studi o ti boccio…) questa viene vinta dalla scuola perché viene recepita come essenziale nell’immaginario collettivo mentre l’attività sportiva viene recepita come un qualcosa di non essenziale, quasi superfluo.

Una società evoluta dovrebbe prevedere un annullamento di questo conflitto mettendo in grado tutti i ragazzi, anche i meno abili a scuola e quelli meno performanti nello sport, di poter frequentare normalmente sia la scuola (la mattina) che il campo sportivo (il pomeriggio). Al momento questa cosa non è negli obiettivi né della struttura scolastica dove il metodo direttivo continua ad essere scelto su quello non direttivo nel 99% dei casi e nemmeno dell’istituzione sportiva dove, a fronte di un abbandono della pratica sportiva nella fascia 15-20 anni che è semplicemente drammatico (oltre il 70% della popolazione sportiva) continua ad esistere un esercito di tecnici che insistono perennemente sull’applicazione del metodo direttivo.

Il danno che fanno questi tecnici non è solo sulla qualità dell’insegnamento sul campo sportivo ma anche indiretto a livello sociale, nel senso che i ragazzi non arrivano nemmeno lontanamente a pensare che la loro pratica sportiva possa essere un sacrosanto diritto ma addirittura, se questa è un’opzione più che un diritto, è anche un’opzione della quale possono pure fare a meno.

Insomma, lo scrivente, illuso del potere emozionale grandioso che può avere uno sport ben proposto, sostiene che la colpa non sia della scuola soffocante bensì del mondo dello sport che in un mondo altamente competitivo non riesce ad avere i numeri per vincere la competizione con la scuola.

Io penso che in questo panorama sociale, se proprio una competizione fra scuola e sport deve esistere (ma a parere del sottoscritto questo conflitto deve essere eliminato) come operatori sportivi dobbiamo darci da fare perché il conflitto possa essere vinto dallo sport e per vincerlo è necessario abbandonare la comodità del metodo direttivo che ancora trionfa in troppi ambiti. La grande occasione del rinnovo dell’istituzione scolastica che a mio parere è ormai drammaticamente urgente visto i sempre più gravi squilibri sociali che investono il mondo del lavoro, può essere innescata solo dallo sport perché è lì che il giovane ha la possibilità di sperimentare la validità del metodo non direttivo e andarla a valutare come importante opzione di crescita in tutti gli ambiti dell’esistenza.

Lo sportivo succube e marionetta dura gran poco, se vuole avere qualche possibilità di successo deve imparare ad usare la sua testa ben presto. E’ chiaro che questo atteggiamento può essere scomodo e fonte di contrasti sociali. Obbedire è molto più comodo e non porta ad ipotizzare nuovi scenari, il metodo direttivo, essenzialmente, tarpa le ali al cambiamento.