A leggere il titolo qualcuno potrebbe pensare che mi sia buttato su argomenti “hot” invece sto sempre trattando di sport e attività fisica in generale anzi forse anche con un po’ meno politica del solito perché questa è una questione prettamente tecnica con pochi agganci sul sociale, a meno che, con molta fantasia, non vogliamo riagganciarci alla moda dell’esteriorità.
Mode a parte c’è indubbiamente una disputa tecnica su modello estetico e modello funzionale e negli sport dove non c’è una valutazione estetica il secondo è certamente più importante. Nella sola marcia in atletica c’è un giudizio estetico e se un marciatore marcia da bestia è passibile di squalifica ma è quasi un giudizio oggettivo più che estetico anche se bisogna ammettere che fra due atleti entrambi in “leggera” sospensione è ovviamente più facile che venga fermato quello che marcia peggio.
Nella ginnastica, al contrario, il giudizio estetico è fondamentale e non a caso ci sono polemiche mostruose con i giudici perché anche se su alcune cose la valutazione è oggettiva, su altre è soggettiva e pertanto i vari giudici possono anche non essere d’accordo fra loro per la valutazione.
Che negli altri sport l’aspetto funzionale sia più importante non c’è dubbio: provate a pensare ai blocchi di partenza un bell’atleta con uno sfregio sulla faccia ed uno invece con la faccia perfetta ma con lo stesso sfregio su un bicipite femorale e visibile solo con un’accurata ecografia. Esteticamente il secondo è perfetto ma la gara la vince il primo.
Cosa vuol dire quest’osservazione piuttosto scontata ed idiota: che nell’addestramento del gesto sportivo dobbiamo tenere conto più di un modello funzionale che di un modello estetico perché è il primo a determinare il rendimento. Se la questione fosse solo estetica fra Bolt e Michael Johnson sui 200 metri avrebbe dovuto esserci almeno un secondo di differenza, invece, anche se non con il clamore di Bolt, Michael Johnson aveva corso i 200 metri quasi nello stesso tempo (solo 13 centesimi in più ma ben 13 anni prima). La corsa di Bolt era indubbiamente più bella da vedere, fantastica, ma quella di Michael Johnson, pur brutta e ridicola, era decisamente più funzionale, tanto è vero che con quella corsa ridicola ci ha fatto anche il record del mondo dei 400, cosa che Bolt non sì è nemmeno sognato di provare a fare.
Pertanto compito del tecnico, più che rincorrere un ideale modello tecnico da far imparare a tutti i suoi atleti è scoprire, atleta per atleta, qual’é il gesto più funzionale per il singolo atleta e non è, ovviamente lo stesso per tutti perché abbiamo rapporti antropometrici diversi, densità muscolari diverse, caratteristiche di elasticità diverse, doti coordinative diverse e mappe cerebrali ovviamente diverse.
Chiaramente se la perfezione estetica è facilmente riconoscibile, quasi oggettiva, altrettanto riconoscibile non è la massima funzionalità del gesto sportivo che può essere riconosciuta come più che accettabile nel momento in cui è vincente ma può anche essere ritenuta deficitaria poco dopo quando non più sufficiente per vincere. In breve, un modello quasi sicuramente funzionale nello sport è quello che ti fa vincere perché tutti gli altri modelli, anche se magari molto efficaci, noi vorremmo che fossero almeno perfettibili per giungere al successo.
Per affermare la bontà delle sue teorie un tecnico ha una sola possibilità: giungere al successo con il suo atleta. Di più, giungere al successo con un certo numero di atleti perché se è uno solo ci sarà sempre chi afferma che è stata una casualità. A quel punto si opera il ragionamento al contrario: non si guarda più al modello estetico ma al modello funzionale che ha applicato quel tecnico e siccome le tradizioni sono dure a morire è pure possibile che ci si rifaccia ad un presunto modello estetico portato dal nuovo campione allenato da quel tecnico.
Nel settore della velocità mi vengono in mente gesta di atleti di vertice che partono in modo assolutamente non funzionale o meglio funzionale esclusivamente per quel preciso atleta. Ebbene, come un virus, una moda che attecchisce in breve tempo, nell’arco di una stagione si vedono orde di velocisti partire tutti in quel modo anche chi ha schemi motori che con quel tipo di partenza fanno decisamente a cazzotti.
Ci vuole molta pazienza per studiare il singolo, meno per vedere come parte il campione di turno. Purtroppo per vincere non è sufficiente imitare chi vince, bisogna correre più veloce di lui. Questo dovrebbe essere sufficiente per far capire che ognuno deve scoprire una sua strada. Se percorro le stesse tappe del campione modello al limite potrò fare come lui alla perfezione ma se lo voglio battere devo inventare qualcosa di nuovo. E allora la risposta sorprendente sul modello da perseguire per battere un certo atleta è che di sicuro il modello non può essere lo stesso, perché al limite, ben che vada, con quel modello lo eguaglio.
Ancora una volta non esistono regole e siamo abbandonati nella Jungla del possibilismo, per chi ha la fantasia di arrangiarsi è una bella Jungla, per chi ha paura di sbagliare e restare indietro è una pessima Jungla e allora, per restare al passo davvero uno può essere tentato di fare ciò che fanno tutti gli altri.
Purtroppo fare ciò che fanno tutti gli altri sarà tollerato ed apprezzato in certi ambienti ma nello sport è sbagliato per definizione, se vuoi emergere devi inventarti qualcosa di nuovo, altrimenti, ben che vada, eguagli chi ti ha preceduto.