STRADA E/O PISTA PER GLI ATLETI “STAGIONATI”?

In Italia, nel 2023 oltre 2000 atleti di tutte le età (compresi i cosiddetti “master”) hanno portato a termine una gara sui pista sui 5000 metri. Nella gara sui 10.000 metri il numero di questi scende in modo netto a soli 650 personaggi e si dirà che ovviamente i 10.000 metri sono più lunghi, più faticosi poi in Italia c’è sempre più caldo è chi vuoi che si metta lì a correre 25 giri su pista in una fase della stagione (da aprile ad ottobre) dove magari rischi di trovare temperature prossime ai 30 gradi che non sono certamente idonee per la disputa di una bella gara sui 10.000 metri.

Il ragionamento fila liscio fino a quando non scopriamo che la gara sulla mezza maratona che è lunga oltre il doppio dei 10.000 metri (sono 21,097 metri) è stata corsa da decine di migliaia di atleti (diconsi “decine di migliaia” in lettere…) a tutte le temperature, con tutti i climi, in tutti i momenti della stagione e pure con un caldo degno del miglior inno allo “Stop ai cambiamenti climatici!”.

Ebbene il fatto è che mentre su strada gareggiano veramente “cani e porci” e questo è un bel segnale di una cultura sportiva che non deve discriminare nessuno e lasciare spazio anche ai meno performanti, in pista purtroppo questa cultura non esiste e, con particolare riferimento alla gara dei 10.000 metri pare che per fare un 10.000 in pista sia necessario essere dei campioni, altrimenti nemmeno provarci.

Mentre su strada non esitiamo ad arrivare due ore dopo il primo classificato bloccando molto spesso il centro di una città per un paio d’ore in più (ma questa non è per niente una brutta cosa se vogliamo far passare il concetto che a piedi è più sano che in auto…) in pista abbiamo paura ad arrivare un quarto d’ora dopo il primo classificato e pare che quel quarto d’ora (che spesso è a fine manifestazione perché i ragazzini se ne sono andati già da un po’) crei problemi esistenziali ai giudici che se arrivano a casa un quarto d’ora dopo rischiano di saltare la cena.

Abbiamo la mentalità della televisione, ciò che non è “televisivo” in pista non può andare. Ma allora è tutta la gara dei 10.000 metri ad essere poco televisiva e quando c’è un campione che dopo pochi minuti ti ha fatto capire che vincerà la gara star lì ad aspettare quasi mezz’ora (in fin dei conti sono più di 26′ anche per chi ci fa il record del mondo) è una vera e propria noia.

Dobbiamo fare un passo indietro sulla distribuzione dell’atletica presso la popolazione per chiederci se ha senso che anche l’atleta stagionato possa frequentare o meno la pista.

Al giorno d’oggi la grande maggioranza di tesserati sono ragazzini, é giusto che sia così e guai se non lo fosse. Però bisogna capire il perché di questa cosa e analizzare cosa succede nella fasce di età seguenti per tentare di capirci qualcosa altrimenti possiamo emettere giudizi sommari che non centrano il problema.

I ragazzini fondamentalmente sono stati cacciati dalla strada. L’età giusta per iniziare l’atletica leggera sarebbe attorno ai 13 anni ma già a 6 anni non si sa dove cavolo far andare sti ragazzini perché in strada non ci possono più giocare, le parrocchie come luogo di aggregazione per giocare non esistono praticamente più, i campo giuochi sono noiosi ed insomma i ragazzini di età compresa fra i 6 ed i 13 anni vanno al campo di atletica a fare “propedeutica all’atletica” perché essenzialmente hanno bisogno di giocare più che di iniziare la pratica dell’atletica anzitempo. La stessa Federazione, consapevole di ciò emana delle linee guida per questa attività raccomandando di non specializzare il ragazzino troppo presto perché non ha nessun senso ed ha bisogno di giocare più che di imparare l’atletica cinque anni prima di quanto si faceva un tempo.

Essenzialmente quei pochi amatori che frequentano il campo non lo ingolfano negli stessi orari dei ragazzini e se anche fosse non c’è nessuna incompatibilità con i corsi dei ragazzini che lavorano sempre in gruppo e non sono sparsi in modo disordinato per il campo.

I pochi amatori molto spesso frequentano il campo nello stesso orario degli atleti evoluti che, ahimé, sono piuttosto pochi ma, per fortuna sono molto evoluti e pertanto bisogna mettersi un po’ d’accordo nell’utilizzazione della pista perché se un amatore sta provando i 10.000 metri a cinque minuti per chilometro mentre un quattrocentista di alto livello si sta facendo una prova sui 500 metri in prima corsia ad 1’05” (52″ sui 400) è il caso che come minimo il diecimilametrista sappia dove stare nel momento in cui passa quel missile: o più vicino possibile al cordolo per agevolare il sorpasso o anche fuori dalla corsia al momento opportuno ma non certamente a centro corsia quando sta transitando l’atleta di alto livello, pure col rischio di procurare una collisione (passo a destra, passo a sinistra? Dove passo?…).

Ebbene il problema reale non è questo perché ci vuole poco a mettersi d’accordo. Il problema reale è che mentre i ragazzini sono una marea gli atleti di alto livello sono pochi. Così pochi che gli amatori fanno pure fatica ad individuarli. E pure gli atleti amatori, che brulicano sulle strade, in pista sono pochi. Talmente pochi che talvolta non sanno nemmeno come utilizzare correttamente l’impianto perché visto che sono pochi nessuno si è posto il problema e per esempio alcuni corrono in prima corsia anche per effettuare il riscaldamento per il semplice motivo che non vedono a chi devono lasciare strada.

Insomma pare assurdo ma il problema organizzativo di mettere d’accordo in allenamento atleti assoluti ed amatori è che. dopo i 16-17 anni al campo ne restano gran pochi. Quelle regole essenziali necessarie per disciplinare le orde di ragazzini che affollano il campo in certi orari non sono più necessarie quando restano gli altri perché sono sparuti gruppetti.

Dunque a chi mi chiede se è opportuno che l’atleta delle categorie amatoriali frequenti la pista o meno io rispondo che è giusto che la frequenti ma con una motivazione un po’ strana. Intanto è giusto che la frequenti per se stesso, per capire un po’ meglio cosa fa ed in tal senso consiglio di non abusare della pista. La pista va assaggiata di tanto in tanto dall’amatore per riuscire ad inquadrare la preparazione ma poi la gran parte della corsa, soprattutto ad una certa età, va fatta nel sentierino che deve essere sempre presente in un campo sportivo dove poter praticare la corsa lunga senza ostacolare nessuno. Ma un altro motivo per cui ritengo che sia giusto che l’amatore frequenti il campo è per dare l’esempio a quei diciottenni che spariscono dalla pista perché hanno capito che non faranno mai il record del mondo. Così come la pista è per tutti i ragazzini con tutti i livelli di abilità deve essere anche per tutti i giovani, anche quelli che si è capito che non diventeranno mai dei campioni. Vedere un atleta evoluto che si mette a litigare con un master perché “con tutto lo spazio che c’è” il master si è trovato proprio nel posto sbagliato nel momento sbagliato” è quanto di più desolante possa accadere. In un campo giustamente affollato si trovano le regole per tutti e come c’è chi si fa i 500 metri in 1’05” dovrà esserci anche chi se li fa in 1’10” chi li fa in 1’30” e pure chi li fa in due minuti. Il conflitto fra chi corre ai 28 chilometri all’ora e chi corre ai 12 chilometri è un’assurda bufala che viene fuori perché mancano le vie di mezzo. Ed il vero testimonial dell’atletica per tutti deve essere proprio l’atleta master che al campo non ce lo porta la mamma, che se ha un minimo di esperienza sa dove stare senza rompere le scatole a nessuno e, non solo, ma è pure in grado di dare delle indicazioni all’atleta di mezza via che è l’illustre assente dai nostri campi.