MAESTRO DI “QUEL CHE SE POL FAR”

A volte più che insegnante di educazione fisica mi viene da definirmi “Maestro di quel che se pol far”. Come facilmente intuibile “Quel che se pol far” in italiano significa “quello che si può fare” e l’ho scritto in dialetto perché così suona ancora più genuino e alla portata di tutti.
Per capire “quel che se pol far” non è necessario aver studiato molti libri anzi averne studiato molti è un freno, un limite alla fantasia che può illuminare la molto vasta strada del “quel che se pol far”.

Nei libri molte volte ci insegnano a cercare il “massimo” di quello che si può fare e quello è un concetto molto limitante nell’ottica della scelta del carico di allenamento perché restringe la scelta ad una fascia di opportunità molto ridotta. Il massimo è una zona molto ristretta per definizione perché se è il massimo non offre molte possibilità. Se è un po’ sotto al massimo già non é più il massimo e, senza scomodare l’illustre Gauss, si può proprio dire che il vero massimo è praticamente un punto, un dato solo.

Anche fossimo dotati della precisione e della sensibilità di centrare sempre il massimo non offriremmo al nostro organismo un grande servizio perché somministrare costantemente un carico di allenamento che è pari a quello massimo applicabile porta inevitabilmente nel lungo periodo ad un situazione stressante a livello fisico e soprattutto a livello psicologico.

La maestria nel centrare ciò che si può fare sta invece nel comprendere la vastità della gamma delle scelte possibili ed andarle a pigliare nel modo più vario possibile per non stressare il fisico, la psiche e per migliorare l’alfabeto motorio.

Ciò che si può fare va evidentemente da un carico molto basso, che è il minimo dei carichi che si possono somministrare, ad un carico abbastanza elevato che è precisamente il più elevato possibile in quella circostanza.

Per valutare l’opportunità di indugiare su tutte le possibilità di carico è bene tenere presente che secondo le regole della fisiologia un carico molto basso fa comunque qualcosa ma non produce adattamenti di una certa importanza, un carico medio promuove adattamenti certamente più che significativi ed un carico molto elevato teoricamente può produrre adattamenti ancora più significativi anche se inevitabilmente vicino a quel carico che può anche essere sconveniente in quanto al di là del carico razionalmente sopportabile.

La necessità di scongiurare un infortunio ci porta a scegliere con prudenza carichi che siano abbastanza distanti da quello massimo sopportabile, quanto all’idea di essere anche molto distanti da questo carico non è un’idea da scartare se è vero che i carichi bassi sono facilmente eseguibili.

Ora resta il compito di far capire come ciò che si può fare sia all’interno di una pluralità molto vasta di scelte possibili.

Alla fine “Maestro di quel che se pol far” è anche una professione piuttosto complessa perché non codificata nelle sue peculiarità e difficilmente inquadrabile da un manuale. La capacità di interagire con l’allievo è fondamentale ed è il requisito essenziale per giungere alla formulazione di ipotesi di carico potenzialmente vincenti.

Essenziale far capire all’allievo che qualsiasi intensità di carico, per bassa che sia, è da preferire all’inattività che nel lungo periodo produce danni certi sulla struttura e anche allo stimolo potenzialmente troppo elevato che da adito immediatamente a reazioni da sovraccarico.

“Quel che se pol far” si potrà anche dire in dialetto ma non è una cosa tanto facile da applicare, Diciamo pure che in Italia, trattando di attività motoria, ci riesce probabilmente meno di un terzo della popolazione cioè circa venti milioni di individui. Gli altri 40 milioni per motivi diversi non ci riescono o perché proprio non ci provano o perché sono traviati da false leggende metropolitane dove aleggia ancora il mito che “Più fatica fai è meglio è…”.

Se fai troppa fatica quasi di sicuro stai sbagliando, anche perché prima o poi sarai annoiato di fare troppa fatica.

“Quel che se pol far” alla fine deve essere l’obiettivo di tutti se vogliamo utilizzare l’attività motoria davvero come uno strumento di salute. Purtroppo il top della nostra salute non è l’obiettivo principe del mercato che sui nostri errori e sull’insoddisfazione verso l’attività fisica ci marcia offrendo una marea di soluzioni irrazionali ma certamente utili al processo di mercificazione dell’attività motoria.