PRIMA LA RAGIONE POI I LIBRI

Se mi dicessero di sintetizzare in una battuta l’atmosfera che aleggiava all’Isef di Verona a fine anni ’80, per capire perché quell’Isef è stato tanto mitizzato e ritenuto uno degli Isef più all’avanguardia mi viene da rispondere con una battuta strana. Ci hanno insegnato l’umiltà di trattare con il dovuto peso tutti i testi, anche quelli ritenuti sacri dei luminari intoccabili perché poi la realtà di campo ha sempre smentito anche convinzioni che parevano indiscusse. Praticamente l’umiltà di essere consapevoli che potevi aver letto anche un sacco di libri ed essere ancora un perfetto ignorante in materia.

Noi stessi ci rendevamo conto che il confine fra il 18 ed il 30 e lode era molto labile e certi ragazzi che parevano essere dei lavativi avevano maturato delle consapevolezze nella pratica di campo che sui libri proprio non trovavi e pertanto avevano un approccio al movimento che era decisamente più efficace di quello dei “secchioni” da 30 e lode, non per talento fisico ma proprio per consapevolezza nel trattare la materia derivata da un’attenta e continua speculazione più che dallo studio di una gran mole di letteratura.

Insomma, ai limiti del fanatismo religioso ci avevano insegnato che le scritture sacre erano solo le Sacre Scritture e tutte le altre non erano spazzatura ma ausili per l’apprendimento della materia che non potevano assolutamente garantire una preparazione soddisfacente se non continuamente soppesati e valutati alla luce delle risposte del campo.

Inutile dire che la mia diffidenza per il nostro modello scolastico, già insinuata nel mio pensiero durante i precedenti anni di studio, ha trovato di che consolidarsi in quegli anni in quell’Isef.

Lo studente modello per conto mio non è quello che studia tanto ma quello che ragiona, e non conta il numero di libri di testo metabolizzati e divorati come se fossero la sapienza ma la qualità delle speculazioni operate sulla materia che non devono necessariamente portare via un gran numero di ore ma devono essere assolutamente non condizionate da nessun freno inibitore, da nessuna convenienza a dimostrare una realtà piuttosto che un’altra.

E’ questo il limite del mondo scientifico attuale decisamente assoggettato alle regole del mercato. Quando come dato di partenza hai che devi dimostrare una certa cosa stai tranquillo che in qualche modo ci riesci e così abbiamo gli smartphone che non fanno male alla salute ed il petrolio che non inquina l’ambiente più di tanto. Se il mercato ti suggerisce che le cose da dimostrare sono quelle ci si arriva senza problemi.

La meritocrazia nella scuola attuale è impostata sul premio dello studente conforme che si attiene allo studio di quanto proposto dai programmi ministeriali, quello che va oltre quelli è un perditempo che non deve essere premiato anzi da fastidio perché mette in risalto in breve tempo il vecchiume e l’anacronismo degli attuali programmi ministeriali fermi ad epoche ben diverse da questa.

La ragione insegna quell’umiltà che il libro, spesso intriso di sentenze, non è in grado di insegnare. Chi ha perfettamente metabolizzato il sapere del libro, lo trasferisce all’insegnante in sede di esame e se ne va via con un ottimo voto, crede di avere il verbo in tasca ed è pronto per andare a compiere considerevoli fesserie in ambito professionale fin tanto che non si rende conto che quei libri andavano letti in modo un po’ diverso.

Purtroppo è tutto un modello culturale a spingere in quella direzione e così nella cultura della televisione è lì che ti devi informare se un certo comportamento è conveniente o meno perché se la televisione dice che puoi tranquillamente usare lo smartphone cinque ore al giorno che tanto la tua salute non ne patirà alcun danno oppure che puoi usare la tua auto privata con lo stesso stile nel quale la si usava nei mitici anni 60 che tanto per l’ambiente non cambia nulla allora è giusto conformarsi a quelle direttive perché praticamente in quel caso il “libro” è la televisione e così con lo stesso stile con il quale lo studente si è bevuto tutte le frottole del libro per arrivare al buon voto si beve le indicazioni della televisione per arrivare al buon inserimento sociale.

La cultura della televisione è anche la cultura dell’occultamento e così l’informazione passa bombardando su alcune notizie, e non importa che siano vere o meno, ma soprattutto glissando su altre. E’ una cultura che va per selezione e fondamentalmente si seleziona il politicamente corretto dall’economicamente sconveniente sottintendendo una comunione di intenti fra politica e sistema economico che è la più grossa balla che stiamo vivendo nella nostra era.

La cultura è un’altra cosa. Forse non interessa più a nessuno.