37° nella Pianura Padana. Un tempo quando si superavano i 30° si sbuffava e ci si lamentava che i 30° della Pianura Padana erano proprio invivibili perché c’era troppa umidità. Adesso ce ne sono anche 37° forse un po’ più asciutti ma quando si arriva a 30 non protestiamo più.
Chiaramente la temperatura media non è aumentata di sette gradi, saremmo morti tutti, ma comunque è aumentata in modo significativo, chi dice di un grado, chi dice anche di più e ciò che preoccupa è che questo aumento non rallenta di velocità ed il prossimo grado potrebbe essere devastante per il clima dell’intera Europa.
I ragazzi non si rendono conto di questo, non hanno possibilità di confronto con un’epoca nella quale non c’erano, per televisione sentono dire di questo problema che poi concretamente non pare un problema perché nessuno fa niente. A scuola essenzialmente non vengono bocciati o promossi per quanto dimostrino di aver capito in che era stiamo vivendo.
Gli anziani la percezione del caldo non ce l’hanno. Muoiono e basta. Muoiono senza protestare perché loro il caldo non lo sentono visto che hanno la centralina che lo percepisce fuori uso. Ne fa fuori il caldo molti di più di quanti ne abbia fatti fuori il Covid ma combattere il caldo non è un business, anzi è proprio un “antibusiness”. Facciamo finta di niente e diciamo che sono morti perché erano troppo vecchi e non hanno bevuto abbastanza acqua.
Restano a combattere il caldo i soggetti in età lavorativa e quelli sia mai che rompano le scatole al sistema produttivo. Ci sono immersi fino al collo nel sistema produttivo e devono farlo andare avanti nel miglior modo per aumentare il PIL. Alla televisione hanno detto che è importante che il PIL cresca, l’economia gira bene se il PIL cresce e lo stipendio te lo aumentano se il PIL cresce. Il problema principale non è assolutamente l’aumento della temperatura del pianeta, per quello basta prendersi l’aria condizionata.
E allora io farnetico che bisogna “pensare il movimento” e la maggior parte dei miei lettori non mi capisce perché sanno che per stare bene bisogna sollevare pesi, assumere integratori miracolosi e sviluppare la massa magra che brucia quella grassa. Dobbiamo bruciare, non dobbiamo muoverci. Se uno si muove senza bruciare ha perso tempo. Non so, forse sarà la politica degli inceneritori ad aver seminato nell’ambito dell’attività motoria questa sensazione che bisogna bruciare. Bruciare è di moda e noi stiamo bruciando su un pianeta che va avanti in automatico verso ritmi produttivi insostenibili.
Abbiamo bisogno di muoverci per stare bene più che di “bruciare”, poi è chiaro che se ci muoviamo di più bruciamo di più ma non è certamente in quel modo che aumentiamo la temperatura del pianeta.
Abbiamo bisogno di produrre di meno e muoverci di più. Nella nostra civiltà facciamo esattamente il contrario perché produciamo stramaledettamente tanto ma abbiamo ridotto il movimento grazie all’automazione dei sistemi produttivi. Attenzione che non ho scritto che lavoriamo di meno, lavoriamo sempre di più ma ci muoviamo di meno ed è questo il problema. Per non farci capire che stiamo lavorando troppo hanno inventato la disoccupazione, la sperequazione del lavoro oltre che quella dei redditi, e così il problema principale è quello di chi lavora troppo poco o nulla, non quello di chi lavora troppo e non si è capito che chi non lavora non lavora per il semplice motivo che secondo questo sistema economico è molto più conveniente far lavorare troppo una certa quantità di persone che non far lavorare giusto tutti quanti. Viene alimentata ad arte la competizione sull’iperproduttività, vince chi produce di più.
Lo sport ed il movimento in genere possono aiutarci ad innescare lo sciopero dei consumi che è l’unico sciopero che ci può salvare e provocare un autentico dietro front alla ricerca di un nuovo sistema economico, non più basato sull’iperproduzione ma sulle vere necessità della gente comune e non su quelle della classe dirigente. Mai come ora c’è stata una clamorosa dicotomia fra esigenze di arricchimento della classe dirigente ed esigenze di sopravvivenza della povera gente. I primi hanno bisogno che questo sistema produttivo vada avanti così com’è e che la locomotiva fili più veloce possibile. In tal senso il cambiamento climatico è una buona notizia per il telegiornale, per far vedere che ne abbiamo preso atto e faremo qualcosa, ma provvedimenti concreti non se ne prendono perché ostacolano in modo troppo pericoloso il sistema produttivo. I secondi hanno bisogno di lavorare di meno e di lavorare tutti ed hanno pure bisogno di muoversi per stare bene più che per continuare a servire in modo efficiente il sistema produttivo.
La filosofia da cambiare è che ci si muove per stare bene, non per servire il sistema produttivo nel migliore dei modi. Abbiamo bisogno di muoverci per consumare meno, pare una contraddizione, dobbiamo muoverci per smontare questa società folle dei consumi e rifondarla secondo schemi più razionali, sani ed equi. Chiaramente ciò non può avvenire se continuiamo a farci governare esclusivamente da chi promuove il sistema della pubblicità. Votiamo chi ci dicono di votare in televisione e chi ci dicono di votare in televisione è colui che alimenta le televisioni e fa andare avanti tutto com’è. Il sistema della pubblicità, delle televisioni e degli schermi in genere alimenta se stesso e se ne fa un baffo delle reali esigenze della gente, altro che movimento per la salute.
Guardate come sono strutturate le nostre città e provate a capire se sono pensate per produrre di più o per stare bene.
Il movimento è fondamentale per stare bene ma se non pensiamo a come ci muoviamo rischiamo di muoverci in modo inutile, almeno non utile per migliorare le nostre condizioni di vita che devono passare da una diminuzione dell’orario di lavoro e dei ritmi di lavoro per aumentare il tempo libero e migliorare la qualità della vita. Il tempo investito a pensare come ci muoviamo è tempo speso bene perché è quello che può contribuire a farci aumentare l’efficacia del nostro movimento dove questa efficacia non deve essere confusa con capacità di alimentare il sistema produttivo ma, al contrario capacità di rifondarlo e renderlo funzionale alle nostre reali esisgenze non a quelle del PIL. Non serve a niente che il PIL aumenti se l’incremento di ricchezza conseguente a quell’aumento finisce tutto nelle mani dei soliti burattinai.
Il solo sciopero dei consumi può aiutarci a rompere i fili con i quali i grandi burattinai orchestrano tutto perché è un boicottaggio anonimo ma fin troppo preciso di questa situazione. Chi comanda non può far meno della forza lavoro perché è con quella che orchestra tutto, se lo sciopero tradizionale è clamorosamente fallito perché con la penuria di lavoro si sostituisce in un amen il lavoratore che rompe le scatole e sciopera, lo sciopero dei consumi è uno sciopero subdolo e difficilmente arginabile perché mina nelle sue fondamenta la rete di coercizione che tiene in piedi il sistema iperproduttivo.
L’eccesso di produzione è dannoso due volte: in un primo momento durante il processo produttivo vero e proprio quando provoca un inquinamento insostenibile e lo sfruttamento di una forza lavoro sottopagata che non deve essere schiavizzata con condizioni sempre più inaccettabili. In un secondo momento, forse ancora più visibile e clamoroso, quando questa iperproduzione presenta il conto in tema di difficoltà di smaltimento rifiuti, produzione di sostanze tossiche in questo processo, per non trattare dell’inquinamento peggiore che è quello delle menti invase da cose invece che da valori che rischiano di trasformare il nostro cervello in una pattumiera togliendo la capacità di pensare liberamente.
Il rischio più grande della civiltà dei consumi è proprio quello di non riuscire più a pensare, o meglio di riuscire a pensare solo come automi che sono programmati per far aumentare il PIL.
Abbiamo bisogno di pensare il movimento perché noi siamo il risultato delle nostre azioni e tutte le volte che ci muoviamo possiamo farlo per un qualcosa che migliora la qualità della nostra vita o anche per un qualcosa che la peggiora. Muoversi senza pensare perché ce lo hanno suggerito gli altri non è una bella cosa, dobbiamo essere responsabili delle nostre azioni e capire che il frutto di queste molto spesso non è quello che ci descrive la televisione. I contenuti della televisione non sono fatti dalla povera gente, sono fatti “per” la povera gente ma non per farla stare meglio, semplicemente per tenerla assoggettata al sistema dei consumi che è l’unico promosso dal sistema di informazione. Televisione, schermini di ogni tipo e tutto ciò che si può orchestrare facilmente dall’alto. La cultura popolare è ben altra cosa e non merita di essere diretta da questi sistemi di coercizione di massa. La libertà di pensiero è la più grande libertà che ci possa essere. Il movimento “ben pensato” può aiutarci a coltivarla.
Buon movimento a tutti, per voi stessi, non per il sistema produttivo…