Non mi occupo di intelligenza artificiale e non ho i titoli per scriverne ma alcune cose successe e che continuano ad accadere nello sport, mi istigano a scriverne due righe anche se non posso affrontare i dettagli.
Che mi provoca smarrimento attorno al concetto di intelligenza artificiale è una presunzione che penso e spero che non sia assolutamente di chi ci lavora dietro ma solo di chi ne scrive con ancor meno cognizione di me un po’ per scandalizzare il lettore e destare curiosità.
Essenzialmente il concetto è dire che l’intelligenza artificiale può essere quasi paragonata a quella dell’uomo ed in alcuni casi addirittura è superiore.
Se c’è qualche soggetto che dice questo e non per esigenze di scoop giornalistico allora io molto semplicemente ammetto che forse l’intelligenza artificiale può essere quasi di pari valore se non superiore a quella di alcuni esseri umani. Sono quelli che fanno queste affermazioni appunto e dunque parzialmente lo sono anch’io nel momento in cui ammetto che qualche deficiente può davvero avere un’intelligenza inferiore a quella di una macchina.
L’intelligenza artificiale non ha una caratteristica che è tipicamente umana e che mette l’uomo uno scalino sopra ogni macchina: non sa sbagliare.
A far le cose tremendamente giusto sono capaci tutti, umani e computer, è sbagliare che è incredibilmente difficile ed occorre una fantasia incredibile, a volte al limite del perverso.
C’è che qualcuno non tollera l’errore, con un termine semplice semplice tendiamo a definirlo intollerante con uno altrettanto semplice lo definiamo deficiente. Chi non tollera l’errore è un deficiente, non ha capito che la vita è fatta più di errori che di cose “giuste” e si merita di vivere in un mondo perfetto governato dai computer.
Le fesserie più mostruose in tema di preparazione sportiva negli ultimi 40 anni sono stata commesse da tecnici che si sono fidati ciecamente del computer e hanno tralasciato la cosa più difficile da comprendere e più sublime di tutto lo sport che ci può dare addirittura gli elementi per capire tutta l’esistenza più che il solo sport: l’errore umano.
Un mondo senza errori non è solo utopia ma è pure decisamente piatto ed idiota. Siamo immersi negli errori e ci illudiamo di limitarli grazie ai computer ma con i computer siamo solo riusciti ad ampliare la gamma dei nostri errori perché i computer inizialmente li programmiamo sempre noi , se poi, di testa loro fanno qualcos’altro quel qualcos’altro dipende solo dal nostro input iniziale perché i computer, per definizione, non sanno sbagliare, non hanno fantasia, ragionano solo con una precisa logica che è quella del computer e quindi la logica del deficiente che non sbaglia mai.
Purtroppo alcuni fanno fatica a capire come un soggetto che non sbaglia mai sia un deficiente. Tale incomprensione è generata dal significato negativo che noi diamo al termine “deficiente”. Pensiamo che sia un vero deficiente chi sbaglia tanto e per quello è privo di un qualcosa. Ovviamente non è divertente sbagliare molto e può effettivamente provocare dei deficit di vario tipo. Ma quanto ad un certo tipo di ragionamento che riguarda l’uomo nel suo complesso e non preso settorialmente il vero e più grave deficit sarebbe proprio quello di chi non sbaglia mai perché ragiona come un calcolatore.
C’è un bel detto che dice “sbagliare è umano, perseverare nell’errore è diabolico”. Se uno butta lì (magari per far cassetta come giornalista…) che l’intelligenza artificiale è anche meglio di quella umana, poco male, vuol, dire che chi ha detto così è umano. Ma se uno insiste nel dire questo, probabilmente più che diabolico è semplicemente corrotto da chi ha interesse ad ingigantire i fasti dell’intelligenza artificiale per piazzarla dappertutto come ottimo prodotto da vendere. Oppure è deficiente in un senso che è più umano di quello del deficiente assoluto che è la macchina, assolutamente priva di fantasia, incapace di sbagliare secondo certi criteri (poi alla fine sbaglia anche la macchina ma solo per guasti diversi…).
Insomma per certi versi l’intelligenza della macchina può anche essere simile a quella umana ma solo a quella di un deficiente convinto perché un deficiente umile e tollerante sarà sempre meno deficiente di qualsiasi macchina.