Per conto mio è la società al servizio del singolo cittadino e non viceversa. Per coerenza dico che è la squadra, nello sport, al servizio dell’atleta e non viceversa.
La motivazione di questa convinzione personale molto contestabile (e sostenuta sempre da meno persone al giorno d’oggi…) io la do da un punto di vista matematico più che filosofico. E’ molto più facile per una moltitudine sostenere un singolo che per un singolo sostenere una pluralità di persone. Il singolo che da solo ne salva tanti è un eroe, complimenti, bello da raccontare, pure romantico, ma poco razionale. Per conto mio oltre a Gesù Cristo ci sono riusciti in pochi e comunque non con una buona continuità. L’eroismo non è un fatto razionale, non è facilmente replicabile e comunque non lo possiamo pretendere costantemente.
Al contrario per una comunità salvare i singoli personaggi in crisi dovrebbe essere una cosa facile, basta organizzarsi, ognuno ci mette del suo senza nessun eroismo ed il gioco è fatto. Si tratta di organizzarsi ed essere d’accordo sul fatto che ognuno deve rinunciare a qualcosa, senza eroismi.
Questa cosa molto semplice in realtà viene ritenuta utopia ed è più facile pensare al singolo che si immola per la Patria. Fin che esiste questo esiste questo fantomatico concetto di Patria ed esisteranno sempre i soldati che vanno in guerra e ci lasciano le penne. Una Patria che funziona è una Patria che non chiede ai suoi cittadini che ci lascino le penne ed invece li pone al riparo dalle follie del mondo.
E’ il rispetto del singolo ad essere sacro non il rispetto della Patria perché la Patria ha un senso solo fin tanto che riesce a garantire solidarietà sociale ed equità. Quella Patria nella quale il soldato va a lasciarci la vita per garantire il benessere economico dei concittadini non è una Patria ma un sistema sociale asservito alle leggi dell’economia che calpesta i diritti dei singoli. Il diritto alla salute è un diritto inalienabile ben più importante del benessere economico di una intera popolazione.
E così nello sport il diritto alla salute e pure al divertimento (perché no…) nella competizione è un diritto inalienabile per il singolo che prevarica ogni interesse di squadra. Compito dell’allenatore è fare in modo che gli interessi, le aspirazioni di risultato del singolo atleta siano coincidenti con quelle dell’intera squadra ed è un compito molto difficile ma non si potrà mai decidere di “sacrificare” le sorti di un singolo atleta per l’interesse del risultato di squadra perché quell’atteggiamento vanifica il concetto di squadra e lo rende inutile.
Grazie alla compattezza della squadra, l’atleta, anche in crisi, riesce a ritrovare un suo equlibrio, migliora il rendimento sportivo e tale cosa torna utile all’intera squadra in un circolo virtuoso. Al contrario, se tutti gli atleti devono sacrificarsi per la squadra, che a questo punto più che una squadra pare una Patria, la cosa diventa stressante, il rendimento dei singoli che si sentono pressati dallo stress di squadra oltre che dal loro individuale diminuisce ed il circolo “virtuoso” diventa un circolo “vizioso”.
La squadra è quel luogo dove vincere o perdere non scatena drammi perché se vinci il merito è di tutti, la cosa è molto bella e gratificante ma va divisa fra tutti, se perdi sarà pure triste ma la cosa non grava sulle spalle di un particolare atleta ma al contrario è ben ripartita fra tutti i componenti della squadra e pertanto non è eccessivamente gravosa per nessuno.
Il giochino alla fine è sempre quello: non si fa sport per vincere ma per stare bene e quando sei in una squadra dove questa cosa è ben chiara ti senti al sicuro perché sai che anche un tuo eventuale sbandamento sarà accomodato dalla squadra che è animata da sani principi.
Il traslato alla Patria è fin troppo semplice ma non ci sta nessuno ad accettarlo ed è il mio dramma esistenziale di sportivo folle utopista. La Patria sta in piedi fin tanto che ti garantisce la pace e le condizioni minime di sostentamento di ognuno perché quando non ce la fa più a garantirti ciò è giusto che sia sciolta. E’ più importante evitare le guerre che salvare la Patria. E’ più importante la salute del singolo del benessere della comunità. Si fanno sacrifici per aiutare il singolo a disagio. Non si da la vita per aumentare il benessere della comunità. Ma questo non lo capisce nessuno e anche se troppe volte rinneghiamo Gesù Cristo siamo a pretendere che per salvare la Patria ci siano una marea di Gesù pronti ad immolarsi.
Ovviamente il discorso è fin troppo complesso perché scomoda niente popò di meno che pure i principi religiosi. Da quel punto di vista mi pare superfluo sottolineare che comunque non ci si immola per sopprimere un nemico.