SE L’ALLENAMENTO NON E’ DIVERTENTE PROBABILMENTE HA UN’UTILITA’ LIMITATA

Questo non è un articolo per professionisti. La maggior parte delle sedute di allenamento dei professionisti sono una palla spaziale ma quando il professionista vede che l’allenamento rende tecnicamente è comunque contento perché vede che il suo lavoro sta andando a gonfie vele. Si diverte nel vedere che tutto procede come previsto ma nello specifico non apprezza tanto la singola seduta di allenamento che molte volte è noiosa, lunga, estremamente faticosa e per dirla tutta non vede l’ora che finisca per potersi risposare un po’ e fare dell’altro.

Nel caso degli amatori e dei ragazzi la questione è diametralmente opposta, o almeno dovrebbe esserlo.

Il giovane o l’amatore si affacciano ad una certa disciplina sportiva perché la ritengono divertente e, almeno in un primo momento, non hanno una necessità di risultato assoluta che stravolge i contenuti ludici dell’allenamento. In un primo tempo se l’allenamento non è divertente tale questione è proprio letale per la prosecuzione dell’attività. Se il ragazzino o l’amatore non si divertono mollano subito e vanno in cerca di un’attività più divertente. Ma qui sopra non voglio analizzare nemmeno questa situazione. Io parto dal presupposto che c’è un ragazzino o comunque uno sportivo dilettante che è già immerso in un certo ambiente, ci sta bene e si applica per migliorare il suo rendimento sportivo per competere alla meglio con i pari categoria. E’ una situazione dove la scelta di praticare un certo sport è già stata fatta e pertanto la questione dell’allenamento “divertente” non è una questione urgente e prioritaria per convincere il soggetto a restare in quell’ambiente.

In tale situazione che per fortuna riguarda milioni si sportivi italiani (per conto mio sono gli sportivi veri, quelli che fanno lo sport gratis, anzi pagano per farlo…) a volte può passare il concetto che l’allenamento sia un po’ una palla e che il divertimento sia solo migliorare nelle gare, per cui ci si sacrifica per un tot. di allenamenti per arrivare al giorno della gara che si va meglio e lì c’è la goduria suprema.

Se vogliamo è un po’, in piccolo, l’atteggiamento dei professionisti. Mi applico con dedizione anche se è una specie di lavoro (per i professionisti è proprio un lavoro, per definizione…) e poi arriva il momento della gratificazione che anche se non è quotidiano come l’allenamento è comunque sufficiente a giustificare tutte le fatiche quotidiane.

Un passo indietro per spiegare perché io sostengo che sia molto importante che l’allenamento indirizzato ai non professionisti sia anche divertente.

Come sempre parto da molto distante, dalle mie osservazioni cosmiche e le osservazioni che faccio con riferimento all’attività dei ragazzi, anche se diverse da quelle riferite agli amatori con la panza sono imparentate con queste.

Perché i ragazzi di una volta mediamente avevano meno rispetto per la scuola, erano meno disposti a dedicare una fetta di vita molto importante per uscire da scuola con voti alti e non drammatizzavano come quelli di adesso di fronte ad una bocciatura o a qualche brutto voto? Qualcuno sostiene perché sono talmente stressati dall’idea del futuro che sono già adulti a sedici anni, più maturi di quelli di una volta e consapevoli del fatto che se non escono da scuola con ottimi voti avranno ancora meno possibilità di impiego di quelli che anche con buoni voti non è che saranno proprio tanto agevolati nell’entrata nel mondo del lavoro. In breve sono degli stressati cronici, non vedono bene il loro futuro e studiano tanto per affrontare questa società difficile.

Questa è una visione un po’ catastrofista ed io ne ho un’altra che forse, per certi versi, è pure più catastrofista. Non è che i giovani abbiano la percezione che se studi meno degli altri avrai molte possibilità in meno di collocarti. Si colloca meglio chi ha maturato certe esperienze e certe consapevolezze, non chi ha studiato di più e pertanto se la scuola dovesse preparare solo al collocamento dovrebbe essere strutturata in modo diverso. Il problema è un altro: che alla scuola esistono poche alterative divertenti. Diciamolo chiaro e tondo: una volta la scuola era in competizione con cose che, pur pericolose, devianti e poco raccomandabili, erano più allettanti della scuola. Adesso alla scuola non c’è alternativa, I ragazzi non hanno vere occasioni di divertimento, in una società piatta, che non offre stimoli, la scuola è il naturale luogo di concentrazione delle proprie ansie e tutto il resto è mero contorno. Insomma una volta c’era “anche” la scuola e molti giovani decidevano pure che si vive una volta sola e non era poi proprio drammatico rimediare una bocciatura per vivere più intensamente momenti che vengono una volta sola, adesso c’è solo la scuola e tutto il resto non conta nulla o quasi. Per conto mio la situazione è molto più drammatica adesso ma non per quelle che saranno le prospettiva future dei giovani ma per ciò che stanno vivendo già ora a 14, 16, 18 anni quando sono già dei piccoli professionisti della scuola quasi come se fossero stipendiati dalla stessa e prendessero dei premi produzione come avviene nelle aziende che devono migliorare la loro competitività.

E’ per questo che dico che l’allenamento deve essere anche divertente. Se l’allenamento non è divertente non entra in competizione con la scuola e combatte su un campo dove non può vincere. Se l’allenamento è un impegno pesante per giungere ad un risultato importante che darà una gratificazione in un momento successivo per quello c’è già la scuola ed è quasi imbattibile. A scuola ti rompi le scatole per un anno (per come è strutturata ora purtroppo è proprio così) e a fine anno hai la grande gratificazione di vedere che hai preso dei mega voti che non ti garantiscono nulla ma che attestano che ti sei applicato proprio come volevano a scuola, hai obbedito, hai svolto il compitino e, con i criteri della società attuale, sei proprio un bravo ragazzo.

Se vogliamo che la pratica sportiva possa sostituire almeno in parte ciò che riusciva a dare la vita ai ragazzi un tempo bisogna che l’allenamento sia divertente, deve essere un qualcosa per il quale vale la pena rischiare la bocciatura, un qualcosa che ti fa crescere e ti fa dire che non è stato tempo perso ma tempo utilizzato per vivere.

Ora lo so di essere controcorrente a pubblicizzare questo tipo di sport, uno sport che invece di metterti in armonia con l’ambiente ti pone in un atteggiamento di contrasto e quasi di contestazione e se dai giovani passo ai cosiddetti amatori, ai quarantenni con la panza, peggioro il brodo perché attacco la società nei suoi principi base. La sacralità del lavoro. Per conto mio il lavoro è sacro solo fino ad un certo punto ma quando è troppo non è per niente sacro anzi va combattuto come una malattia, è causa di stress e l’unica cosa da fare urgentemente è limitarlo così come si limita il cibo a tavola quando è troppo. Esistono una infinità di diete per chi mangia troppo ma non esistono soluzioni miracolistiche tipo le diete per chi lavora troppo. Nessun santone che proclami “Vi dico io il sistema per lavorare di meno!”.

Lo sport anche nell’età adulta è l’unico antidoto contro il troppo lavoro ma lo è solo se è veramente coinvolgente altrimenti è acqua fresca. Non so quanta gente ci sia disposta a cambiare mestiere pur di trovare un lavoro che possa consentire di fare sport come si deve anche a quarant’anni. Sport come si deve non vuol dire ottenere risultati a tutti i costi, quella è l’ottica dei professionisti che guasta la godibilità dello sport, sport come si deve vuol dire che anche se non ottieni grandi risultati ti ritagli la tua fetta di tempo dove ti alleni tutti i giorni e dopo il lavoro stressante hai un momento nella giornata che è davvero divertente, per nulla stressante e ti fa sopportare meglio il lavoro che ti aspetta la mattina dopo.

Viviamo in una società dove ragionare in questi termini viene ritenuto un lusso per snobisti e come nel mondo del lavoro ti insegnano che bisogna tenersi stretto il proprio posto da dieci ore al giorno perché dilaga la disoccupazione e non si sa come reinventarsi, già a scuola ti insegnano che non c’è tempo per allenarsi tutti i giorni è un inutile lusso solo per i ragazzi che puntano a diventare campioni (professionisti…) in qualche accidenti di sport e a scuola si è già un po’ professionisti di un qualcosa che poi durerà per tutta la vita, senza scampo. In tale contesto non mi sorprende per nulla che sia gente che spera di andare in pensione prima possibile anche se oggi all’età del pensionamento c’è gente che si trova con ulteriori aspettative di vita di 25 o 30 anni. In quei trent’anni cosa fai? Recuperi il tempo perduto a diciotto anni a studiare cinque ore al giorno o quello speso a 40 anni per fare tutti gli straordinari possibili e immaginabili?

Lo sport vero deve essere divertente. Può funzionare solo se è divertente, altrimenti è solo un doppione della società ipercompetitiva dove ci si ammazza di lavoro per giungere ad un obiettivo ben preciso. Nello sport il primo obiettivo è divertirsi, se ci si diverte la salute migliora, i risultati migliorano e tutto procede in un crescendo entusiasmante. E chiaro che quando arriva la scuola delle cinque ore di studio al giorno o il lavoro delle 60 ore alla settimana si apre un sano conflitto, Ma quello è un conflitto da alimentare e non da reprimere con uno sport apatico che si fa solo se c’è tempo, sei mesi si e sei mesi no, cinque anni si e dieci no come se fosse una cosa che nella vita non conta proprio nulla.

Lo sport è importante, quando è professionistico è un lavoro, quando è dilettantistico è un qualcosa che ci aiuta a sopportare il lavoro, ma non è al servizio del lavoro ma della vita come dovrebbe esserlo il lavoro appunto, anche se qualcuno non è d’accordo…