NON C’E’ PENSIERO SENZA FISICITA’

Mi si chiede perché indugio così tanto, su un sito che riguarda l’attività fisica, su questioni di carattere sociale, pure politico e quasi con un impronta filosofica. La risposta più banale è che non si può trattare l’attività fisica in modo asettico, come se fossimo in un mondo ovattato dove le questioni sociali non contano nulla e dove si può scegliere l’attività fisica che si vuole fare senza alcun problema.

Un’altra risposta, mano banale, più complessa e forse anche difficilmente comprensibile è quella che caratterizza il mio sito e spiega perché parto sempre da distante, forse troppo distante, per arrivare ad analizzare i dettagli che riguardano lo sport e l’attività fisica in genere. Se è vero che non ci si può muovere senza fare i conti con tante questioni che non sembrano riguardare direttamente l’attività fisica è anche vero che non si può pensare liberamente ed efficacemente se si è imbrigliati in una fisicità che ha delle carenze. In breve la salute mentale è direttamente correlata con la salute fisica ed è in questo senso che siamo costretti a pensare anche a come ci muoviamo. Il ragazzo rincoglionito da ore ed ore di telefonino non ha problemi di fisicità solo causati direttamente da questo flagello ma proprio perché si muove poco non ha nemmeno la lucidità per rendersi conto che sta perdendo la sua esistenza su uno schermino.

I dettagli di fisicità ai quali attribuisco molta importanza io non sono quelli misurabili con un dinamometro, riferiti per esempio ai valori di forza che riesce ad esprimere la struttura muscolare di un certo soggetto, ma piuttosto quelle abilità motorie che innegabilmente connesse con un delicato processo di ricerca e messa a punto del gesto tecnico, costringono a pensare, allenano a pensare e ti pongono in una posizione abbastanza curiosa ed anomala nei confronti di tutto quanto ti accade attorno.

Se dovessi lanciare un motto direi che “non c’è evoluzione del perfezionamento motorio se non c’è attenta analisi della realtà che ci circonda”.

Ai miei tempi (non un millennio fa, ma nemmeno l’altro ieri…) gli studenti secchioni dicevano che la forza la allenano anche gli ignoranti ma per allenare la mente occorre ben altro che l’esercizio fisico. Circa mezzo secolo dopo, pensando a questa cosa, mi viene da dire: “Con riguardo alla forza avete proprio ragione, non c’è niente di più idiota da allenare della forza, bastano un po’ di pesi (io sostengo sempre che si riesce in modo egregio anche a corpo libero…) e magari pure qualche pasticca di quelle che ti spappolano il fegato per fare prima e la forza in poco tempo si sviluppa da far paura ma l’attività fisica anche se al giorno d’oggi molti vogliono farci credere questo (incredibilmente più di un tempo) è ben altro che lo sviluppo della forza ed anzi si può tranquillamente dire che il problema dello sviluppo della forza è essenzialmente un problema da soggetti malaticci che non praticano sport ed attività fisica in genere perché chi pratica regolarmente sport non ha nessun bisogno di sviluppare oltremodo le doti di forza, tutt’altro, ha bisogno di razionalizzare le doti di forza per non appesantire inutilmente un fisico che deve essere libero di esprimersi al meglio in tanti compiti complessi e non solo in compiti di forza. Per farla breve, anche un lanciatore che certamente deve essere forte se è solo forte non va proprio da nessuna parte e rischia di lanciare molto meno di chi magari ha pure dei deficit di forza.

Dunque rilancio questo annoso anatema con un altro forse più indigesto per i più che è “Non si possono comprendere i processi di evoluzione del nostro pensiero se non ci rompiamo le scatole a tentare di perfezionare le nostre capacità fisiche perché le due cose sono strettamente connesse” e così una vita passata sul banco (adesso si tratta di definire una vita passata sul telefonino…) non può essere una vita che ci mette in buona sintonia con il mondo e non ci concede grandi possibilità di evoluzione.

Sulla prima questione c’è un ampio dibattito nel senso che, al contrario, molti sostengono che chi si mette curiosamente ad indagare sul funzionamento del proprio organismo finisce per crearsi dei problemi di adattamento nella società contemporanea perché comprende più facilmente di altri (non solo telefonino ma anche traffico automobilistico e stress a valanga per tutte le categorie sociali) cose che proprio non funzionano della nostra società e pertanto, partendo dall’attività fisica si arriva ad identificarsi in posizioni sociali non sempre conformi. Insomma meglio non indugiare troppo nell’introspezione necessaria a conoscere il nostro organismo per non pensare “troppo” e non creare i presupposti per conflitti sociali che per chi pensa “troppo” in questa società sono pressoché inevitabili.

Alla luce di queste considerazioni viene da chiedersi se l’attività fisica è bistrattata, umiliata e spesso relegata a puro esercizio di forza (non a caso in alcuni ambienti circolano ancora i famigerati farmaci anabolizzanti che sono il più bieco ed idiota strumento per il rapido sviluppo della forza) perché questa cosa fa comodo ad un certo tipo di mercato o se perché l’obiettivo è ben più subdolo ed è fare in modo che le masse non prendano coscienza della propria situazione sociale.

Il cittadino rincoglionito è indubbiamente più ubbidiente mentre quello più sveglio per certi versi è più fastidioso per chi comanda.

Dire che abbiamo bisogno di ossigenare il cervello per rifondare una società che non funziona pare un proclama rivoluzionario ma purtroppo lo è concretamente perché non c’è nulla di più rivoluzionario dell’attività fisica fatta in modo critico ed attento.

Pensate semplicemente a come sarebbero le nostre città se tutti quelli che pedalano ed alzano pesi in palestra si rifiutassero di subire quel tipo di attività fisica e cominciassero a pretendere di svolgere attività normalmente nelle loro città assassinate dal traffico automobilistico.

L’attività fisica è necessaria per funzionare bene, quando funzioni bene la società non la subisci ma la costruisci, questa è anche politica, forse pure filosofia e risponde un po’ seccamente a chi sostiene la formazione culturale sostenuta esclusivamente dal sapere dei libri.