DIECI, CENTO, MILLE TAMBERI

“Sei assurdo, non tifavi Schwazer quando era al top della carriera, fai il tifo per lui adesso che deve ancora uscire da una squalifica per doping dove lui stesso ha ammesso che in effetti si è dopato… Dedichi più spazio a lui che a Tamberi che può essere la nostra speranza per Rio…”

Ho già spiegato perché tifo Schwazer, ritengo l’attuale sistema dei controlli antidoping, riferito agli atleti di vertice, di una inefficienza e di una ipocrisia incommensurabili. Penso che l’antidoping sia fonte di ingiustizia in molti sport e continuare a far finta di niente mi pare che sia un atteggiamento, più che ingenuo “colpevole” della continua produzione di casi che non ci aiutano assolutamente a far luce sul problema del doping nella sua globalità. Diciamolo chiaro e tondo, dalla vicenda Schwazer o dalla vicenda Armstrong, la gente di doping non ci ha capito nulla ed è solo lì a chiedersi perché succedono queste cose. Non solo, istintivamente, è portata a demonizzare il campione che ha fatto uso di certe sostanze perché alla fine i giornalisti ti fanno credere che questi siano solo quelli che vengono pigliati positivi.

Detto questo è anche vero che è giusto essere ottimisti e mostrare quanto di buono il nostro sport riesce a produrre. Sono sempre stato appassionato di salto in alto, anche se la mia disciplina erano gli 800 metri e addirittura ancora adesso mi sogno di fare il salto in alto. La cosa è piuttosto curiosa, ma non troppo, nel senso che io ero arrivato ad un record di 1 metro e 47 nell’alto che è una cosa disastrosa anche per un ottocentista scarso che un minimo di piedi deve averli. Penso che se avessi fatto una gara di salto in alto con un gruppo di ottocentisti che andavano più o meno sui miei tempi le avrei prese da tutti e quando mi sogno di salire nell’alto alla stratosferica quota di un metro e 80 mi pare di volare chissà dove. Quando poi vedo che il mio top sugli 800 come valore di punteggio equivaleva ad una misura sensibilmente superiore ai 2 metri nell’alto mi rendo conto di sognare una cosa che, con riferimento alle mie accettabili capacità prestative nel mezzofondo, era tecnicamente  meno “fantastica” di quanto mi accadeva normalmente nelle mie solite competizioni degli anni migliori. Tant’è la fantasia galoppa in modo autonomo e i sogni sono assolutamente liberi di seguire strade strane. Lo stesso mi è accaduto nel salto in lungo dove , in sogno, sono atterrato alla normalissima quota di 6 metri, anche lì superando la mia modestissima realtà di lunghista ma non quella abbastanza normale di mezzofondista. La cosa più tragica è che anche negli 800 metri, dove ho sognato poche volte di gareggiare, (perché più che sognare li facevo proprio nella realtà…) ho fatto qualche decimo di secondo appena meglio di ciò che ho fatto in realtà, quando ormai avevo smesso l’attività a livello agonistico da un paio di anni e mi ero già dato ad un’ attività di tipo amatoriale. Di quel sogno, durante il sogno, ricordo che pensai “Accidenti è il mio record di poco ma come ho fatto a farlo che è da due anni che non  mi alleno più come un atleta vero?!? Adesso riprendo ad allenarmi come si deve…” Mi svegliai un po’ agitato e non ripresi ad allenarmi come un atleta vero.

A parte questi normali exploit nei salti, di atletica sogno ad occhi aperti. Nel senso che mi piacerebbe un’atletica italiana più viva, più spumeggiante, più popolata di personaggi in grado di tenerla a galla a livello mondiale. Tamberi mi entusiasma  e sta facendo nell’alto cose egregie ma non lo vedo come la punta di un iceberg. E’ una punta e basta perché, sotto, l’iceberg è decisamente assente. Il decimo italiano dell’alto è terribilmente distante da Tamberi, il centesimo salta misure ridicole ed il  millesimo, se esiste, le prenderebbe addirittura da me quando facevo gli 800 e sognavo l’alto.

L’atletica italiana non ha fondi per far promozione di se stessa, a scuola non trova spazio e quando qualcuno mi dice che nei miei articoli dove parlo di potenziamento dello staff medico cito la Federazione di Atletica purtroppo ha proprio ragione. Non voglio  accusare nessuno ma non c’è da vergognarsi a dire che una federazione che per tentare di rimediare qualche medaglia alle Olimpiadi potenzia il suo staff medico vuol dire che è proprio allo sbando. Vuol dire che è un malato grave. Quella famiglia che nel suo bilancio familiare mette in preventivo un aumento delle spese mediche è una famiglia che non gode di grande salute.

Non farei il presidente della Fidal manco morto. Con la situazione di adesso c’è poco da far  miracoli. Però almeno la libertà di citare la portata dei problemi. Il presidente non può protestare, deve mettersi lì a lavorare con continuità e non ha il tempo per protestare.

Ho la sensazione che se non si riesce a creare una forma di collaborazione concreta fra federazione di atletica e scuola non si riusciranno a compiere mosse decisive per rianimare l’atletica nazionale, a quel punto potremmo anche avere più medici che atleti ma non penso che i risultati possano arrivare. E poi c’è sempre da chiedersi qual’è il vero risultato. Io mi auguro che Tamberi cresca e senza alcun bisogno di medici. Mi auguro che ricresca anche Schwazer e quello una controllatina da parte dei medici, a scanso di equivoci, magari potrebbe pure meritarla, poi può venire fuori, anche in un anno, qualche campione che già ha fatto risultati discreti quest’anno e in virtù di un  miglioramento molto significativo si afferma anche a livello internazionale. Arrivano tre medaglie? Da telespettatore può anche andarmi bene ma da appassionato di atletica non me ne frega proprio nulla. Come appassionato di atletica voglio girare in uno qualsiasi dei campi di atletica che sono sparsi su tutto il Paese e oltre a vedere la struttura efficiente ed in buono stato (anche se non è una struttura idonea per ospitare le Olimpiadi…) voglio vedere che in questo campo c’è almeno un altista da 2 metri – 2 metri e cinque, un lunghista da sette metri o più, un  giavellottista da 60-65 metri un personaggio da 53″-54″ sui quattrocento ad ostacoli con la morosa che fa poco meno di un  minuto sulla stessa distanza, poi delle velociste da 12″ sui 100 o poco più, qualche marciatrice che sappia marciare a 5′ per chilometro e magari pure uno stramaledetto ottocentista da 1’50” così vado la e mi faccio sputare in un occhio dicendogli che io quel tempo lì lo facevo già più di trent’anni fa e non mi valeva nemmeno l’accesso alla finale dei campionati italiani…

Questa non è la realtà dei campi italiani di atletica dove i personaggi all’apparenza normali che ho sopra descritto sono molto rari ed è più facile trovare un gruppo di ragazzini che fa un casino terribile controllato in qualche modo da un allenatore che non ha altri atleti da seguire e poi un gruppo di master che sono lì a parlare della prossima corsa su strada che faranno. Ci sono vecchi e bambini. Mancano gli atleti veri ed è questa la “voragine” dello sport italiano che non riesce ad incentivare all’atletica (ma in tanti altri sport la cosa è analoga) gli atleti di età compresa fra i 17 ed i 25 anni. Dovrebbe essere l’età migliore per lo sport. Invece cosa succede?