Sull’ampiezza e sulla frequenza nella corsa, sia di resistenza che di velocità, esistono un bel po’ di miti e leggende e si va da quelli che dicono che una bella corsa deve necessariamente essere ampia e distesa a quelli che dicono che se vuoi che la la falcata sia funzionale ad una corsa economica e fluida non deve essere nemmeno di un centimetro superiore a ciò che suggeriscono le leggi della biomeccanica per quel soggetto.
Anche qui, ovviamente, si tratta di accettare per buone con piglio scientifico le leggi della biomeccanica oppure ammettere che è certamente utile studiarle ma da sole possono spiegare solo una parte dei molteplici aspetti che danno vita ad un certo tipo di corsa con certe ampiezze e certe frequenze. Teorema: due personaggi con caratteristiche antropometriche del tutto identiche non è per niente detto che devano avere una ampiezza di falcata identica perché questa fa i conti con ben altre cose oltre che le caratteristiche antropometriche.
Ogni tecnico sarà convinto che il proprio atleta potrebbe funzionare meglio con ampiezze superiori oppure con frequenze superiori a seconda dei casi e se c’è questa convinzione, dettata da chissà quale osservazione, forse è giusto spendere pure un po’ di tempo a vedere cosa cambia per quell’atleta adottando ampiezze superiori oppure frequenze superiori.
In questi casi, più che ispirarsi ad ipotetici modelli ideali è opportuno proprio sentire cosa sente l’atleta e, per esempio, un atleta che corre già molto frequente e quando gli dite di aumentare l’ampiezza non ci sente sarebbe proprio il caso che provasse a correre anche più frequente perché se in questo caso funziona meglio vuol dire che il vincolo è proprio l’opposto di quello che pensavamo. Magari quell’atleta non ha mai forzato le sue già elevate frequenze perché si sente già abbastanza frequente e non ipotizza che quella sia una mossa strategicamente utile. Non c’è nessun libro a darci questa risposta, l’unica possibilità è proprio provare a vedere cosa succede.
La realtà di campo molto spesso ha delle motivazioni insondabili, in modo empirico noi possiamo dare dei “rumori” a questa realtà per vedere se porta qualcosa di nuovo. Questo qualcosa di nuovo molto spesso sono solo sensazioni che l’atleta percepisce e che non si vedono nemmeno esternamente perché sono cose impercettibili, difficilmente misurabili. se queste sensazioni esistono e sono positive è utile analizzarle e pensarci un po’ su per provare a risentirle. Attenzione che possono essere interessanti anche se sono negative perché possono comunque dare delle indicazioni. Un atleta che su consiglio del tecnico prova a forzare l’ampiezza della falcata e si trova semplicemente da cani fa bene a provare anche la mossa opposta e magari scopre di trarre benefici da un insperato aumento delle frequenze.
Insomma il sottoscritto è convinto che queste cose vadano provate essenzialmente sul campo mettendosi di fronte alla possibilità di avere risposte di tutti i tipi, anche se da un punto di vista teorico viene fuori che da per le leggi della biomeccanica il tale atleta dovrebbe avere un passo dell’ampiezza di metri 2.18 per la velocità “X”. Poi viene fuori che l’atleta con un passo di 2.15 approda facilmente ad una velocità “X+1” e allora, invece che rivedere le leggi della biomeccanica prendiamo umilmente atto che per quell’atleta va bene così.
Ideale e reale sul campo si sfidano sempre in un contesto molto imprevedibile. Giusto provare e sperimentare senza preconcetti. E senza sfatare il mito e le leggende delle grandi frequenze e/o ampiezze dei campioni di ogni tempo. Qualsiasi sia la conclusione alla quale giunge il vostro atleta, se a lui va bene così, dite semplicemente che a lui sta bene così perché ci saranno in giro molti tecnici a dire che quell’atleta farebbe bene a correre a frequenze superiori, così come probabilmente ce ne saranno altrettanti a dire che farebbe bene a correre con ampiezze superiori.