La filippica sul rigore scientifico mi lancia su uno dei miei polpettoni classici che fanno ridere i miei allievi però identifica bene il mio modo di pensare sulla teoria dell’allenamento.
Premetto che io alleno soprattutto mezzofondisti, gente che deve correre tanto anche se decide di privilegiare l’aspetto qualitativo della preparazione e pertanto il substrato psicologico della preparazione non è cosa indifferente. Non è raro che all’atleta saturo di preparazione ed in crisi mistica gli si dica “Fai quello che vuoi ma corri…” perché talvolta l’aspetto della monotonia della preparazione diventa preponderante ed è quello che può bloccare un atleta più di altre cose.
Un mio allievo di qualche anno fa, che seguivo quasi più al telefono che sul campo, mi ripete spesso un complimento (lui lo dice con tale intento ed io lo recepisco proprio come un complimento…) un po’ strano e afferma ciò: “Tu non sei un allenatore classico, tu sei il “maestro delle stagioni”. Non hai bisogno di presenziare sul campo tutti i giorni e illustrare i dettagli della preparazione, ti basta farti vedere quando cambia la stagione e dire che è cambiato il vento e pertanto vanno rivisti i principi base della preparazione…”.
Ciò coincide effettivamente con il fatto che voglio rendere i miei allievi abbastanza autonomi sulle scelte dei dettagli della preparazione e costringerli a riflettere sui grandi temi della preparazione più che sui dettagli. Esasperando il concetto posso arrivare a dire che “Non so se oggi sia più utile fare 10 prove o 12 sui 400 metri, decidetelo voi, so solo che è arrivato il momento di leggere Tolstoj…” e su questa seconda precisazione la maggior parte dei miei amici (e sono gli amici, non i detrattori…) dicono che sono da internare in manicomio.
Insomma troppe volte ci perdiamo sul dettaglio del singolo allenamento quando il problema che va risolto è ben più vasto e coinvolge profondamente la psiche dell’atleta. A quel punto che faccia dieci prove sui 400 o dodici non cambia proprio nulla, c’è una motivazione di base che deve essere rivista, studiata, analizzata e solo la revisione di questa può dare risultati interessanti e decisivi. Soprattutto nell’allenamento alla corsa di resistenza non si può mai mettere in preventivo che la singola seduta sia costantemente divertente e facilmente sopportabile da un punto di vista psicologico.
Io sono uno che tendenzialmente non da mai il risultato cronometrico al centesimo (i moderni cronometri danno tutti i risultati al centesimo, non sono come i vecchi cipolloni a lancetta che ti facevano stimare sì e no il decimo di secondo…). Ritengo che per un mezzofondista tale precisione sia inutile e sia invece un ottimo sistema per dimenticarsi i crono perché se devi tenere a mente troppi numeri finisci per non ricordarne nemmeno uno. Tale concetto esteso ed esasperato porta a dire che il momento di forma tale è stato quando hai letto Tolstoj più che quando hai trasformato la preparazione di resistenza in prove specifiche sul ritmo di gara. Lo so che la distanza è abissale ma il concetto è quello. La motivazione non viene informata dai numeri della preparazione ma da fatti che possono anche centrare poco con quanto avviene sul campo.
Ovviamente Tolstoj è l’esempio e qualche atleta che si cala poco nella mia fantasia potrebbe dire che si è letto tre volte “Guerra e pace” ma non ne ha tratto alcun giovamento. Questo è il motivo per cui gli allenatori non sono facilmente intercambiabili. Non c’è dubbio che l’atleta troppo pignolo e poco disposto a scavare sulla sua motivazione profonda possa avere qualche difficoltà a rapportarsi con il sottoscritto. A tal proposito, un consiglio abbastanza dettagliato è il seguente: “Se avete letto Guerra e pace e non ne avete tratto alcun giovamento non rileggetelo nuovamente per vedere se la seconda rilettura vi fa emergere qualcosa che vi era sfuggito alla prima, però accettate comunque l’idea che a volte fare dieci prove ripetute sui 400 metri o dodici può anche non cambiare proprio nulla.” Il problema non è nel dettaglio della preparazione ma a monte, magari anche piuttosto distante dalle problematiche trattate da Tolstoj in Guerra e pace.